Caterina Caselli, il film sulle sue cento vite

Andato in onda su Rai Tre, la cantante sassolese negli anni '60 modernizzò la musica italiana

Caterina Caselli in una scena del documfilm

Caterina Caselli in una scena del documfilm

Sassuolo (Modena), 11 febbraio 2022 - I Beatles baronetti di Liverpool? “A me se mi facessero Duchessina di Sassuolo non mi dispiacerebbe mica…” sorride vezzosa calcando sulle ‘s’ di fianco a un divertito Giorgio Gaber. Quanta energia, quanta umanità nel docufilm ‘Caterina Caselli – Una vita, cento vite’, prodotto da Sugar Play per la regia di Renato De Maria (sceneggiatore Pasquale Plastino) e andato in onda in prima serata ieri su Raitre.

Dedicato ai genitori Giuseppina e Francesco, e al sacerdote don Rino Annovi, “mio cugino, figura fondamentale della mia vita”, è il romanzo artistico e personale di una cantante che oggi ha 75 anni e che ha segnato la storia della musica e del costume italiani a partire dalla metà degli anni ‘60. Nel docufilm scorrono le immagini in bianco e nero dell'infanzia tra Magreta e Sassuolo, suo padre che lavorava in salumificio, la mamma magliaia: “Fino ai dieci anni siamo stati molto poveri, ma c’era allegria”.

Struggente il ricordo della morte del padre che una mattina insolitamente l’accompagna a scuola e le dice amorevolmente: ‘Studia!’. “Lì per lì non ci feci caso”, poi nel pomeriggio il suicidio. Caterina ricorda gli anni a scuola, quando andava a piedi al san Gaetano, quindi il ‘maestro di canto e di musica’ Ivo Callegari che le permette di esibirsi in occasione delle feste del territorio.

La svolta è a Scandiano quando una sera viene a cantare l’Equipe 84: “Mi dicono vieni a Roma, cosa fai ad ammuffire qui!”. La madre è perplessa: “Vai pure, ma io non ti do una lira”. Caterina si esibirà al Piper a 19 anni, dove incontra Ladislao Sugar, presidente della Cgd: “Sentendo lei stasera, mi è sembrato che tutto il resto fosse vecchio”, intuendo in lei un’icona di avanguardia, quel salto innovativo che la cantante sassolese farà fare alla musica italiana. Si trasferirà a Milano dove nascerà il mito del ‘casco d’oro’ la sua caratteristica capigliatura, che diventerà anche una parrucca che andrà a ruba.

Caselli esordisce a Sanremo con una canzone scartata da Adriano Celentano: ‘Nessuno mi può giudicare’, nata come Tango ma ‘vivacizzata’ dalla cantante sassolese e testata a porte chiuse davanti agli studenti allo ‘Junior club’ di Bologna. Un successo strepitoso, i dischi si esauriscono in fretta. Prosegue tre mesi dopo con ‘Perdono’, che vinse il Festival del ’66, quindi la suggestiva ‘Cento giorni’, la sua preferita, e l’incontro con grandi artisti come Francesco Guccini, Paolo Conte che scriverà ‘Insieme a te non ci sto più’, prima in La bemolle e poi adatta al timbro di Caterina in Si naturale.

La seconda parte del docufilm è tutta dedicata alla sua seconda vita di manager dopo aver conosciuto il suo futuro marito Piero Sugar della dinastia del Cgd da cui avranno il figlio Filippo. Caterina dal 1977 diventa produttrice e talent scout per la sua casa discografica Ascolto, ‘pescando’ tra l’altro Pierangelo Bertoli, Giuni Russo, l’Umberto Tozzi di ‘Ti amo’ e ‘Gloria’, il Raf di Self control, ‘Si può dare di più’ di Umberto Tozzi, Morandi, Ruggeri, Elisa, Andrea Bocelli che spopolerà oltre l’Italia. “Il mio canto – dice giovanissima nel pieno del suo fulgore artistico – non è ye ye, allegro, spensierato, ma Beat, ‘arrabbiato’ e grintoso, desideroso di libertà e di progresso”.