Il Pd ha ragione, sabato scorso a Bologna è caduto in una trappola. Solo che il governo non c'entra, la trappola gliel'hanno tesa i fascisti neri e gli sfascisti rossi. I primi (CasaPound e soci), travestiti da agnellini, si sono presi carrettate di insulti ma hanno raggiunto lo scopo e, alla fine, hanno cantato vittoria. I secondi (collettivi e antagonisti) hanno fatto quello che fanno sempre: botte alla polizia e a qualche passante. Anche loro hanno cantato vittoria. Entrambi giocavano facile, win win, dicono gli inglesi: potevano solo vincere. Così nella bufera è finito il Pd. Colpa della mossa imprudente del suo stato maggiore, che a un paio d'ore dall'inizio della contromanifestazione dei collettivi, è sceso in piazza schierandosi implicitamente dalla loro parte. E quando quella contromanifestazione è finita nella violenza, era tardi per chiamarsi fuori. Inevitabili le polemiche del centrodestra e la rabbia dei sindacati di polizia. Il Pd ha replicato dicendo due cose. La prima: CasaPound è fascista. Vero, ma è anche una formazione politica legale. Quindi: o la si mette fuori legge, oppure non le si può impedire alcunché. La seconda: la manifestazione andava fatta fuori dal centro storico. Può darsi, anche se la storia insegna che gli scontri ci sarebbero stati pure in periferia, come è accaduto ad esempio nel 2014, quando i collettivi fecero il diavolo a quattro per respingere Salvini. Ma il vero punto è un altro. Schlein è svizzera di nascita ma bolognese di appartenenza, il sottobosco antagonista cittadino, intollerate e violento, lo conosce bene. Per questo, quando il polverone si sarà diradato, il Pd dovrebbe riflettere sull'unica morale dell'intera vicenda: offrire una sponda agli sfascisti non giova alla causa antifascista.
EditorialeLa causa antifascista