Editoriale

Sanità, liste d’attesa tasto dolente

Si discute tanto sulla sanità, e giustamente, perché la salute è il tema più sensibile per le persone. La sanità pubblica italiana è tutto sommato buona, a parte alcune aree del Paese soprattutto al Sud, ovunque la risposta verso i cittadini è soddisfacente. Ciò che continua a non essere risolto è il problema delle liste d'attesa. Ho sentito fare tante promesse da parte della regione Emilia Romagna, ma nonostante ciò i tempi sono ancora lunghi per la maggior parte delle prestazioni che riguardano visite specialistiche. Non si può andare avanti così.

Lorenzo Borghi

Risponde Beppe Boni

Ecco un po' di numeri. Secondo l’ultima rilevazione dell’Osservatorio Sanità di UniSalute, che in tandem con Nomisma ha sondato l’attitudine sui controlli e sulle visite di prevenzione a Bologna, un residente su tre farebbe più prevenzione se i tempi di attesa fossero inferiori agli attuali giudicati eccessivi e con liste spesso bloccate. E anche la percentuale di chi fa controlli regolari è in calo: 30%, rispetto al 47% precedente. Uno scenario infelice. La Regione addossa la colpa al Governo ma dimentica che queste situazione persiste da un pezzo, fin da quando Giorgia Meloni, studiava ancora da premier. Da dieci anni la sanità pubblica ha subito tagli e riorganizzazioni al ribasso. La riduzione dei tempi di attesa è una delle chiavi per incentivare i cittadini a prendersi cura della propria salute: secondo l'indagine un intervistato su tre (29%) afferma che sarebbe disposto a effettuare più controlli, se i tempi si accorciassero. Il centrosinistra accusa il governo di aver tagliato i fondi per la sanità ma non è vero perché il governo ha sostanzialmente rimodulato i fondi Pnrr destinati alla messa in sicurezza degli ospedali. Sulle liste d'attesa delle visite specialistiche la Regione dovrebbe intanto appoggiarsi ulteriormente alla sanità privata convenzionata, disponibile a nuovi accordi, allargando così il numero delle prestazioni.

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