
La Fondazione Carifano propone a Palazzo Bracci Pagani una mostra interattiva sull’artista cagliese
Cosa accade quando la luce diventa materia d’arte, la tecnologia si piega alla poesia e lo spettatore smette di essere tale per diventare protagonista? Accade con Opere di luce, la mostra immersiva di Paolo Buroni allestita a Palazzo Bracci Pagani, che si è rivelata – sin dalla sua inaugurazione – un’esperienza sensoriale totale.
Non una semplice esposizione, ma un percorso in più stanze, che dalla fotografia d’autore degli anni ’90 conduce fino alla magia delle multivisioni interattive. Il cuore pulsante della mostra, secondo lo stesso Buroni, è la sala dedicata alla “Regione di Mutazioni“, dove prende vita una proiezione immersiva che affonda le radici nei suoi primi esperimenti di installazione visiva. Ma il viaggio comincia da lontano, con i reportage fotografici realizzati per l’agenzia Grazia Neri: "Facevo il fotografo per passione – racconta – ma sentivo il bisogno di un’espressione artistica che il mercato editoriale non poteva soddisfare. Così ho iniziato a creare installazioni per conto mio, proiettando le immagini sulle pareti, sui soffitti, persino sul pavimento".
È in quegli anni che Buroni comincia a costruire i primi proiettori da solo, perché quelli esistenti non bastavano a realizzare le sue visioni. E da lì, inizia il dialogo con l’architettura: le sue opere si fanno strada tra le piazze italiane ed europee, dalla Piazza Duomo di Milano allo stadio di San Siro, fino alla CCTV Tower di Pechino, con la più grande multiproiezione del mondo finita nel Guinness dei Primati. Oggi, questo "grande formato" si adatta agli spazi più raccolti di Palazzo Bracci Pagani: "È stata una sfida – spiega – ma grazie all’aiuto dei miei figli e di mia moglie, siamo riusciti a ricreare anche qui quell’effetto immersivo che permette al pubblico di muoversi, esplorare, decidere da che punto guardare. Non voglio spettatori immobili, voglio visitatori liberi, attivi, parte della narrazione visiva".
In effetti, nelle sale della mostra non si guarda soltanto: si interagisce. Si cammina, ci si lascia avvolgere dai suoni e dalle immagini, si diventa parte del racconto. Come accadeva, ad esempio, nella celebre installazione Giotto da scoprire, dove il pubblico, alzando le mani, ricomponeva digitalmente gli affreschi del grande maestro toscano. Un’arte immersiva, sì, ma profondamente autoriale, lontana da ogni effetto spettacolare fine a sé stesso.
"Oggi si parla molto di immersive art – spiega Buroni – ma non basta saper usare un software per fare arte. L’immersività deve avere un’anima, un’intenzione. Se non c’è una ricerca dietro, resta solo una bella scatola vuota". Dietro le sue creazioni c’è anche il lavoro della Stark, la factory tecnologico-artistica che Buroni ha fondato a Cagli e che oggi è guidata anche dai suoi figli. "Siamo partiti da un laboratorio artigianale – racconta – e ora siamo fornitori ufficiali della Ferrari, per la quale abbiamo ridisegnato l’intero museo di Modena, rendendolo uno dei più visitati d’Italia. La Stark oggi è un punto di riferimento internazionale per le tecnologie visive immersive".
E il futuro? Sempre più luminoso. Per Buroni, la luce resta la protagonista assoluta delle arti visive: "La luce ha mille forme. Può diventare laser, creare illusioni tridimensionali, plasmare oggetti nello spazio. Stiamo lavorando su nuove tecnologie che permettono, ad esempio, di sfogliare i codici vaticani o ruotare una scultura virtuale nell’aria, come se fosse reale".
Intanto, nelle stanze seicentesche di Palazzo Bracci Pagani, i visitatori continuano ad aggirarsi rapiti tra immagini che vibrano sulle pareti e sogni proiettati nel buio. "Esporre nella mia terra – conclude Buroni – per me è un grande onore. Le Marche sono la mia casa, e questa mostra è un po’ il compimento di un viaggio cominciato tanti anni fa, quando sognavo già di trasformare la luce in emozione". Info e orari: la mostra è visitabile fino al 24 agosto 2025, da giovedì a domenica, dalle ore 21 alle 23,30. Ingresso gratuito.
Tiziana Petrelli