Ferrara, il detenuto aggredito condannato per resistenza

Il giovane che ha denunciato tre agenti della polizia penitenziaria ha subito due processi per essersi opposto ai controlli in cella

L’aggressione denunciata si è consumata nel carcere di Ferrara

L’aggressione denunciata si è consumata nel carcere di Ferrara

Ferrara, 16 giugno 2020 -  Una vicenda lunga tre anni e che deve ancora essere dibattuta davanti a un giudice. Antonio Colopi, all’epoca del suo presunto ’pestaggio’ da parte di tre agenti della Penitenziaria, aveva 23 anni ed era in carcere per l’omicidio dello chef ferrarese Ugo Tani. Erano compagni e al culmine di una lite, il giovane lo uccise a colpi di mannaia.

Oggi, a 3 anni da quella aggressione da lui denunciata, è vittima nel procedimento penale aperto nei confronti dei tre agenti del carcere di Ferrara, accusati di tortura, lesioni, falso e calunnia. Il pm Isabella Cavallari, titolare dell’inchiesta, ha usato parole forti nella sua richiesta di rinvio a giudizio, definendo quanto compiuto su Colopi "un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona".  

Secondo la procura estense, infatti, il giovane sarebbe stato denudato, fatto inginocchiare, ammanettato e poi picchiato ripetutamente con calci e pugni e minacciato, addirittura con un coltellino rudimentale. Questa la versione che lui ha raccontato nel corso della denuncia ai carabinieri del Nucleo investigativo e che viene sostenuta dal pubblico ministero nella richiesta di rinvio a giudizio, che sarà discussa il 9 luglio prossimo davanti al gup Danilo Russo.

Altro il racconto dei tre agenti – che dopo l’episodio furono sottoposto a un’indagine interna, mai sfociata in provvedimenti disciplinari – i quali sostengono di essere entrati nella cella per una delle consuete perquisizioni a sorpresa, nei confronti dei detenuti. Quel giorno era toccato al braccio delle celle singole.

Colopi era ristretto nella numero 2, per scontare 14 anni di reclusione per l’omicidio del compagno. Al momento dell’ingresso del sovrintendente, il più alto in grado dei tre – secondo il racconto dello stesso agente fatto anche al suo legale di fiducia, l’avvocato Alberto Bova – Colopi avrebbe opposto subito resistenza, togliendosi lui stesso la maglietta e mostrando i muscoli, quasi a sfidare l’agente.

Poi ò’ingresso degli altri due poliziotti per bloccarlo, e ammanettarlo. Di altro tenore il racconto della vittima che dice di essere stato preso a pugni e calci, di essere stato costretto a denudarsi e alla fine di essere stato minacciato con un coltellino, che gli agenti dicono aver trovato nei suoi pantaloni. Insomma una vicenda comunque cruenta per come raccontata nella richiesta di rinvio a giudizio – che deve però essere delineata e ricostruita.

Nell’inchiesta è rimasta coinvolta anche un’infermiera che prestava servizio in quel momento in carcere, rea, secondo la procura, di avere riportato nel "registro delle consegne tra infermieri che durante il giro delle terapie aveva trovato Colopi a sbattere la testa contro il blindo". Un’annotazione che, come le viene contestato dall’accusa, sarebbe stata registrata peraltro in un secondo momento. E poi smentita dall’agente che era insieme a lei.

"Sono sicuro – ha spiegato l’avvocato Denis Lovison – che davanti al giudice chiariremo ogni cosa. La mia assistita ha riportato soltanto quello che ha visto e dimostrerò la sua innocenza nelle sedi opportune". Nessun provvedimento disciplinare dicevamo per i tre agenti, ma l’ispettore capo dal giorno successivo all’accaduto non è più rientrato in servizio per lo choc subito ed essendo vicino alla pensione.

Gli altri due da alcuni mesi sono stati trasferiti nel carcere di Modena. Mentre Colopi nel 2018 e nel 2019 è stato condannato dal Tribunale di Ferrara per due episodi resistenza ad agenti della Penitenziaria.