Lodi e i ’mandanti’: "Ha fatto tutto da sola"

Il vicesindaco si dice "più che sicuro che non ci siano ispiratori occulti. Ma capisco la sua sete di vendetta e la strategia di Anselmo"

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di Stefano Lolli

Il mistero dell’undicesima lettera. Ne caso Arquà-Lodi, la trama sembra addirittura infittirsi. Perché un’altra lettera minatoria potrebbe trovarsi ancora nella sede della Lega, dentro un quaderno nascosto sotto la scrivania. Dalle immagini del giorno clou, quello che ha portato alla scoperta del gesto dell’ex responsabile organizzativo del Carroccio, si vedrebbe infatti la Arquà celare qualcosa dentro un notes e infilare questo sotto un cassetto; e poi, dopo varie ore, tornare in via Ripagrande, estrarre dalla borsa una busta e a quel punto telefonare a Lodi annunciandogli l’arrivo di un’altra missiva al vetriolo. Giallo nel giallo, tra misteri e goffaggini: la trama si infittisce, la fitta si intramisce (per citare Nino Frassica), e a dipanarla sono chiamati il pm Isabella Cavallari e la Digos, tuttora impegnata.

Nel frattempo il vicesindaco Nicola Lodi continua a dirsi "più che tranquillo: ho visto tutte le chat, non solo le mie ma anche quelle degli altri consiglieri della Lega, tra di noi non c’è sicuramente il mandante che la Arquà e il suo avvocato Anselmo, in modo puerile, adesso evocano". Lodi non crede alla tesi di un attore esterno, di un ’puparo’: "Dire che c’è una mente dietro questa vicenda fa semplicemente ridere – afferma il vicesindaco –; tutto è stato partorito dalla Arquà, e in mano agli inquirenti ci sono prove schiaccianti. Capisco che adesso si voglia sviare, insinuando chissà quali piani. La realtà, e in questo senso Anselmo ha detto il giusto, è che la Arquà aveva una venerazione nei miei confronti, e quando si è resa conto di non poter ottenere l’attenzione esclusiva che reclamava, in centinaia di messaggi, le si è scatenato un odio cieco". Al punto, prosegue il vicesindaco, "che la richiesta di parlarmi, dopo la perquisizione e la convocazione in Questura, avrebbe potuto persino sfociare in un atto fisico. Perciò, dopo aver ricevuto il suo ultimo ’vocale’, io non ho più voluto avere a che fare con lei". E non solo: "Chiederò al pm Cavallari di essere sentito al più presto, come persona offesa – dichiara Lodi –, e le manifesterò la mia preoccupazione per il comporamento di quella persona".

C’è poi una frase che aleggia, quel "mi dimetterò solo se e quando lo farà anche Naomo Lodi". L’interessato se la spiega: "Forse pensa che se io, che ho precedenti, sono in carica, lei ha la stessa legittimità di agire e restare in politica. Mi sembra un po’ grottesca come lettura". E la possibilità di una vendetta legata ad altre situazioni, come quella dell’edicola di via Bologna in cui la Arquà era entrata come testimone della denuncia, poi risultata infondata, nei confronti dell’esercente? "Io avevo detto a Rossella di andare a comprare le mascherine, tutto qua – afferma Lodi –; non so come potrebbe rivoltare l’accaduto, provando a mettermi in mezzo. Capisco, conoscendo Anselmo, che si proverà a farla passare per vittima di mandanti e fantasmi, ma dovrà stare attenta perché, dopo la simulazione di reato e le minacce, potrebbe incorrere anche nella calunnia".