Elisabetta Sgarbi e il nuovo film, "Viaggio ai confini della storia"

La regista lo presenta al Torino Film Festival in anteprima mondiale

Elisabetta Sgarbi

Elisabetta Sgarbi

Ferrara, 25 novembre 2018 - “Portami via la memoria e non sarò mai vecchio”. Poesia, sogno, storie che si intrecciano nel nuovo film di Elisabetta Sgarbi, scritto insieme a Eugenio Lio. Si chiama I nomi del signor Sulcic, e sarà presentato oggi in anteprima mondiale al Torino Film Festival (Festa del Mobile) alle 19.45 al Cinema Reposi 1 di Torino. Il film si basa su una storia in cui si intrecciano più ricerche, tra l’Italia e la Slovenia. Diventa anche un viaggio nella memoria una storia italiana del nostro Novecento. I soprusi dei fascisti, le vendette dei miliziani di Tito. Da dove nasce questa scelta? “Nasce dall’urgenza di raccontare una storia, di un uomo e una donna che, in momenti diversi e in modo asimmetrico, scoprono che la propria origine non è quella che pensavano fosse. E quindi si scoprono diversi. Questa scoperta affonda le radici a cavallo tra la prima e la seconda guerra mondiale, in una zona di confine dove le identità sono labili. Trieste appunto”. Una ricercatrice ferrarese, un cimitero ebraico a Trieste. L’eco di Ferrara ritorna anche nel suo ultimo film. Lo porterà a Ferrara? Se sì, quando? “Ferrara c’è sempre. Ma non so se il film verrà a Ferrara. Ci sono stata molto tempo per la mostra e ora ho bisogno di staccarmene un po’”. Torna anche il Delta del Po. Cosa significa per lei questo ‘soggetto’? “Il fiume e il Delta sono luoghi per definizione un po’ fuori dalla storia. Avevo bisogno che il protagonista (Gabriele Levada, che nella vita vive e lavora in una valle remota sul Po di Maistra) vivesse fuori dalla grande storia e di improvviso venisse catapultato invece nel ciclone della storia. Ma che pure mantenesse quel supremo distacco, tipico di chi vive sul grande fiume Po”. Il nuovo film vede la partecipazione straordinaria di Claudio Magris e Giorgio Pressburger. Doveva esserci anche suo padre, ora scomparso. Che ruolo avrebbe dovuto interpretare? “Sarebbe stato il terzo studente. Volevo che tre grandi uomini, tornassero bambini, nei banchi di una scuola e enunciassero, con innocenza, la verità, il senso del film. Ma mio papà era influenzato e non si sentì di raggiungere Trieste”. Anche in questo film le musiche sono a cura di Franco Battiato. Come è nato questo vostro connubio? Come vi rapportate durante la realizzazione del film? “Anzitutto di sua c’è La cura, poi mi ha suggerito delle musiche. Gli ho sempre raccontato delle scene e lui, che ha uno straordinario intuito, capisce subito, senza vedere nulla”. Tra la casa editrice e il festival internazionale che cura ogni anno, quando trova il tempo per fare la regista? “Questo film comincia nel febbraio del 2016, le riprese nel dicembre dello stesso anno. Dilato molto i tempi, utilizzo molto i periodi che per altri sono di vacanza, le ore che per altri sono di riposo. Viaggio poco, se non per lavoro. Penso sempre che il tempo sia stretto, che non c’è”. ‘Portami via la memoria e non sarà mai vecchio’ si dice nel film. Cos’è per lei memoria? “Questo è mio padre, nel senso che è un verso che lui citava sempre, di un poeta dialettale ferrarese, Alfonso Ferraguti, dalla raccolta Falistar, Falene. Il protagonista pronuncia queste parole, che sono liberatorie. La memoria non è una chiesa cui prestare il proprio culto. La memoria impone anche la decisione di tagliare con essa, se ci si riesce. La decisione di alleggerirsi”.