L’altra Resistenza: "Mio zio e alcuni ragazzi, quelli della Brigata Ferrara che non presero le armi"

Il nipote di Bruno Paparella racconta i valori di chi lottò contro il Fascismo "Fecero uno statuto per la costituzione clandestina del Fronte giovanile cristiano, un vero e proprio atto costituente ante-litteram aperto alle diversità culturali" .

L’altra Resistenza: "Mio zio e alcuni ragazzi, quelli della Brigata Ferrara che non presero le armi"

L’altra Resistenza: "Mio zio e alcuni ragazzi, quelli della Brigata Ferrara che non presero le armi"

Il verbo latino constituere, base del termine "Costituzione", significa soprattutto "fondare", "istituire", ma anche "ordinare". Di fatto, è il riassunto più efficace dell’idea di Liberazione che sta dietro al 25 aprile. Liberare è anche costruire ciò che il Fascismo ha tentato di decostruire e di distruggere. Ovvero, in primis, il tessuto sociale e politico eterogeneo che sottende all’esperienza resistenziale e partigiana, fatta di schieramenti politici diversi (con uno scopo comune). Tra questi, si può contare anche lo schieramento nato da Azione Cattolica, unica associazione che durante il fascismo – in virtù della protezione del Papa – ebbe la facoltà di operare in maniera più o meno autonoma. Certo, tentativi di oppressione ce ne furono. A Ferrara, per esempio, un attacco squadrista interruppe una riunione, a cui partecipava anche il giovane Bruno Paparella, fermo antifascista. Le radici del suo antifascismo vanno ricercate negli anni della formazione, che ricostruiamo grazie alla testimonianza di suo nipote, Francesco Paparella.

"Mio zio nacque a Ferrara, il 14 settembre del 1922, in via Savonarola 34. Studiò al liceo classico e subito dopo frequentò la parrocchia di San Paolo, insieme a Carlo Bassi". Nell’ambiente di San Paolo, ma anche in quello familiare, Bruno costruì la sua coscienza politica, caratterizzata da un forte attivismo che lo portò a una rapida ascesa: nel 1936, cominciò a militare in Azione Cattolica (Ac), nel 1940 diventò presidente diocesano della gioventù maschile di Ac. "Nel frattempo – spiega il nipote di Bruno – maturò un percorso di fede profondo" che la guerra non mise in crisi, anzi. Si può pensare che fu proprio la fede a condurlo verso "l’unico vero ideale che perseguiva: lo spirito di servizio verso gli ultimi". Ideale che, di sicuro, condivideva con l’architetto Carlo Bassi, ma anche con il deputato Dc Giorgio Franceschini, il quale definì l’amico, Bruno Paparella, "un interprete di un apostolato moderno e coraggioso, nonostante le diffide del regime fascista". Furono loro, insieme ad altri giovani cattolici ferraresi, a redigere un documento a dir poco unico, uno statuto per la costituzione clandestina del Fronte Giovanile Cristiano: fu un vero e proprio atto costituente ante-litteram, aperto alle diversità culturali, inclusivo ("raccogliere adesioni di qualsiasi categoria sociale…", "favorire programmi culturali di ogni genere…"). Un documento, in definitiva, pericoloso per l’incolumità di chi era coinvolto, ovvero dei semplici (si fa per dire) ragazzi, partecipanti attivi della Resistenza. Questo era Bruno Paparella, che nel 1944 entrò nella Brigata Ferrara, con altri compagni che non imbracciarono le armi, ma si diedero ad azioni di sabotaggio, al passaggio di informazioni.

È plausibile, per esempio, che fosse proprio Bruno – arruolato (causa leva obbligatoria) al distretto militare tedesco di Ferrara – a passare le informazioni a Franceschini perché venissero recapitate a Bologna. La parabola di Paparella non finì qui. Nel 1946 diventò presidente diocesano di Azione Cattolica, nel 1948 fu presidente del comitato civico di Ferrara. Quindi si trasferì a Roma, dove divenne prima vice, poi segretario generale di Azione Cattolica fino al 1977. Il 28 ottobre dello stesso anno, Bruno Paparella lasciò, prematuramente, quella vita terrena cui seppe dare un significato tanto civile, quanto religioso, ben contenuto in una sua annotazione del 1952: "anche se isolati siamo spiritualmente uniti".