2008-07-30
di DEBORAH DIRANI
IL BOSS della ’ndrangheta era a Imola. E’ stato catturato con un blitz all’alba di ieri Pantaleone Russelli, il capo degli scissionisiti che aveva dato il via alla faida di Papanice, in provincia di Crotone. Gli agenti della Squadra mobile di Bologna, in collaborazione con i colleghi di Crotone e Imola, hanno sorpreso nel sonno l’uomo, che aveva scelto come residenza temporanea un appartamento in una corte di via Cipolla 41, a Linaro.
Al momento le accuse che lo riguardano sono di associazione a delinquere di stampo mafioso ed estorsione, ma non è escluso che nei prossimi giorni possa aggiungersi anche quella di omicidio. La storia della faida che insanguina Papanice ha infatti origine dal desiderio di potere che Russelli, 35 anni da compiere il prossimo 7 ottobre, aveva iniziato a nutrire dopo la cattura del boss della famiglia Megna, Domenico, che controllava estorsioni e traffico di droga nella zona.

PASSATO nelle mani del figlio Luca Megna il comando, un po’ per volta si era consumata la rottura che era degenerata nell’omicidio di quest’ultimo, il 22 marzo scorso. Omicidio che aveva destato grande scalpore perché l’uomo era stato assassinato mentre si trovava in auto con la moglie e la figlia di 5 anni, rimasta gravemente ferita nell’agguato. Immediatamente gli inquirenti della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro hanno capito che in quell’omicidio era nascosto il seme di una scissione all’interno della famiglia Megna.
Le indagini, durate mesi, hanno quindi portato alla luce una serie di alleanze nuove e vecchie che si contendevano il controllo del territorio. Da una parte i Megna, sostenuti dalle famiglie Grande Aracri e Nicoscia, dall’altra Russelli, che aveva cercato e trovato appoggio nelle famiglie Arena e Dragone. L’omicidio di Luca Megna però fa saltare gli equilibri perché l’aspirante neo boss è costretto a scappare.
Da quanto ricostruito dagli agenti, non si ferma mai troppo nello stesso posto, gira sotto falso nome e cerca di rendersi irreperibile a chiunque. Tranne che alla sua famiglia: moglie e due figli di 4 e 12 anni. E’ infatti seguendo gli spostamenti della donna di Russelli (risulta totalmente estranea ai fatti per i quali è accusato il marito) che i poliziotti, una ventina di giorni fa, individuano nella casetta di via Cipolla 41 a Linaro una delle basi d’appoggio del fuggitivo. Così non perdono più di vista l’appartamento — affittato da una persona estranea alla vicenda — e attendono l’arrivo di Russelli.
All’alba di ieri, sicuri di trovarlo, una trentina di uomini fanno irruzione e si trovano davanti l’uomo che dice solo: «Fermi, fermi, ci sono i bambini». Nessuna opposizione all’arresto, dunque. Anche perché il pregiudicato ha una vistosa fasciatura alla gamba, problemi ai legamenti e al ginocchio: fanno pensare che del gruppo di fuoco che il 22 marzo ha ucciso Luca Megna abbia fatto parte anche lui. La vittima, infatti, nel tentativo di salvarsi aveva speronato l’auto sulla quale si trovavano i suoi sicari e il trauma al ginocchio di Russelli è perfettamente compatibile con l’incidente che precedette di pochi attimi l’omicidio.

«IL FATTO che l’uomo si trovasse al Nord, in Emilia Romagna — spiega il capo della Squadra Mobile di Bologna, Fabio Bernardi — avalla alcune nostre ipotesi sulle quali non posso però dare dettagli». Probabilmente il riferimento è che la malavita organizzata attiva nel Sud Italia, sia essa Mafia, Camorra, ‘Ndrangheta o Sacra Corona, ha riferimenti logistici in posti tranquilli e che non danno nell’occhio, come Imola, appunto.