Mercatone Uno, ok alla ‘cassa’. Ma Imola resta con l’amaro in bocca

Nella sede solo 40 lavoratori su 200 rientrano nel ‘pacchetto’

La sede della Mercatone Uno (foto Isolapress)

La sede della Mercatone Uno (foto Isolapress)

Imola, 12 maggio 2015 - Qualcosa, anzi molto, si muove. Da ieri tutti i 3.071 dipendenti della M. Business – la società del gruppo Mercatone Uno che detiene i 79 punti vendita in Italia – potranno contare sulla cassa integrazione straordinaria, cioè circa l’80 per cento dello stipendio. Un ammortizzatore questo che durerà «fino alla fine dell’amministrazione straordinaria speciale», garantisce Vincenzo Dell’Orefice, segretario nazionale Fisascat-Cisl, ma che nonostante l’impatto su migliaia di persone e sulle loro famiglie non risolve i nodi per tutti i 3.700 dipendenti Mercatone. L’accordo sottoscritto ieri al ministero del Lavoro riguarda infatti solo una delle sei società in amministrazione straordinaria speciale dal 7 aprile.

«La prima tutela deve essere quella che si fa carico dei lavoratori – ha commentato il sottosegretario Teresa Bellanova, ieri, dopo la firma del verbale di accordo. –. Ora è necessario che si faccia il possibile per individuare le modalità più efficaci per dare un futuro a questa realtà imprenditoriale». In queste ore i tre commissari dovrebbero, infatti, aprire il bando per la ricerca di possibili acquirenti dell’intera attività aziendale. Ma restano altri nodi da risolvere. Esclusi dalla cassa ci sono sia i 300 circa associati in partecipazione (sostanzialmente i venditori di mobili a provvigione dei negozi) e tutti i dipendenti delle cinque società in amministrazione straordinaria.

E moltissimi di questi sono nella sede legale di Imola: solo 40 di oltre 200 rientrano nel ‘pacchetto’ M. Business. Fuori da tutto questi discorso, ci sono invece i lavoratori del negozio di Toscanella che appartiene alla Siel, società della famiglia Cenni esclusa da ogni procedura. «Per i dipendenti delle cinque società c’è un impegno da parte dei commissari a cambiare loro l’inquadramento contributivo che, con l’ok dell’Inps, consente di ammetterli alla cassa», spieda Dell’Orefice. In pratica i commissari autorizzeranno il prelievo in busta dei contributi per gli ammortizzatori sociali che fino ad oggi non era previsto per quei lavoratori e per cui non potevano ottenere la cassa straordinaria. «E’ una scelta che ha un costo per l’azienda – continua il sindacalista – ma non è colpa dei lavoratori se la dirigenza aveva voluto creare altre aziende che agivano in regime di monopolio con un unico cliente».

Di questo si parlerà nell’incontro al ministero dello Sviluppo economico, in programma il 27, come pure degli associati in partecipazione «per i quali chiederemo il riconoscimento del vincolo di subordinazione».

Intanto, sul fronte aziendale, i tre commissari si starebbero adoperando per ottenere la garanzia statale per le grandi imprese insolventi perché «molti fornitori pretendono il pagamento in contanti – spiega Dell’Orefice –. Così si potranno rifornire i punti vendita: un magazzino al top ci dicono costi 3 milioni di euro a negozio, medio 1,5. Condividiamo l’accelerazione impressa dai commissari, speriamo si arrivi in tempi rapidi all’acquisto garantendo l’occupazione. Sarebbe grave se nessuno rispondesse all’appello, vorrebbe dire che l’Italia è poco attrattiva».