Sla, il neurologo: "Qui incidenza più alta, c’è una mutazione marchigiana”

Il luminare Adriano Chiò ospite del convegno al teatro Lauro Rossi: "Ci sono casi legati a una variazione genetica su base territoriale. Si è sviluppata in una persona e poi è stata trasmessa ad altri"

La dottoressa Cristina Petrelli con Adriano Chiò, ordinario di Neurologia a Torino

La dottoressa Cristina Petrelli con Adriano Chiò, ordinario di Neurologia a Torino

Macerata, 19 settembre 2023 – “Si, ero già stato a Macerata, esattamente venti anni fa, nel 2003. Tornavo con mia moglie da una vacanza in Puglia e lungo il percorso abbiamo deciso di fare una tappa nelle Marche. Ho avuto la fortuna di visitare una bellissima mostra su Padre Matteo Ricci, personaggio che già conoscevo e di cui ho potuto approfondire vita e opere. Una bella esperienza che ricordo con piacere". Adriano Chiò, professore ordinario di Neurologia del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Torino, e direttore del centro regionale esperto per la Sla dell’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino, domenica era al convegno al teatro Lauro Rossi di Macerata per portare il suo importante contributo nella lotta in corso contro la Sclerosi laterale amiotrofica.

È, infatti, una delle figure di spicco che ha partecipato alla ricerca internazionale per la messa a punto di una cura contro la Sla a base di Tofersen, un farmaco considerato "rivoluzionario", già approvato negli Stati Uniti e ora all’esame dell’Ema, l’Agenzia Europea del farmaco.

Professore, siamo davvero in presenza di una svolta?

"Credo proprio di sì, anche se va precisato che questo nuovo farmaco è rivolto a poche persone, a quelle con Sla che hanno la mutazione SOD1 e, quindi, circa il 2% dei malati con Sla riconducibile ad alterazioni genetiche, circa il 10/15% del totale. Ma questo non toglie nulla all’importanza di questo farmaco che presenta un’efficacia rilevante, mai vista prima".

Vale a dire?

"Nei pazienti con la mutazione SOD1 il farmaco rallenta di molto la malattia, un effetto che si manifesta in modo netto nel primo anno di trattamento e persiste nel tempo. Abbiamo anche registrato casi in cui la malattia si è bloccata. Ritengo che questa sia una tappa importante che accelererà ulteriormente lo sviluppo di farmaci innovativi per la Sla".

È venuto a Macerata grazie a Matteo Ricci?

Chiò sorride: "Diciamo che questo ha pesato positivamente. Ma ho accolto l’invito della dottoressa Cristina Petrelli anche per portare il mio contributo in una realtà, le Marche, "interessante". Sia perché l’incidenza della Sla è più alta che altrove (al momento 168 pazienti), sia perché qui esiste una "mutazione marchigiana", in particolare nell’area del fermano".

Cioè?

"Ci sono casi di Sla legati a una mutazione genetica, diciamo così, territoriale. Una mutazione che inizialmente si è sviluppata in una persona e, poi, a seguire, è passata ad altri".

Sulle cause della maggior parte dei casi di Sla, però, quelli non connessi a una mutazione genetica, non sappiamo granché…

"Ci sono tante belle ipotesi, ma ancora niente di certo. In generale si ritiene che ci sia una interazione tra genetica e ambiente. La ricerca, comunque, continua incessantemente".

Anche con l’intelligenza artificiale?

"Assolutamente sì. Partecipiamo a importanti progetti a livello europeo, alcuni già in corso, che ha come base l’utilizzo di tutti i dati esistenti nei Paesi Ue. Ci sono, però, con difficoltà a causa delle norme sulla privacy. Tutti siamo consapevoli della loro importanza, ma c’è il rischio che ostacolino o blocchino la ricerca".

Un altro importante cambiamento nella lotta contro la Sla è la presa in carico dei pazienti…

"Decisamente. Rispetto a qualche decennio fa i pazienti oggi hanno una buona assistenza. I primi Centri Sla sono nati negli anni Ottanta, oggi sono diffusi e rappresentano un punto di riferimento fondamentale, anche se servirebbe più personale".

Però si riesce, anche qui a Macerata, a fare cose straordinarie: assistere i pazienti a domicilio, ma anche riuscire a seguirli nlla loro abitazione (la sperimentazione è avviata) attraverso un monitor collegato al reparto di Neurologia dell’ospedale.