
Il pianista Paolo Marzocchi sarà tra i protagonisti de ’La corda rotta’
Non conosciamo il nome del protagonista di questa storia, e neppure la sua età. Sappiamo soltanto che era un violoncellista e abitava a Praga. Negli anni terribili della guerra e dell’odio, fra il 1941 e il ‘44, venne deportato a Terezin, la fortezza asburgica che i nazisti avevano trasformato nel ghetto degli artisti, ma quando seppe che avrebbe dovuto lasciare la sua casa, decise di portare con sé soltanto una cosa, la più preziosa per lui, il suo violoncello: lo smontò, lo mise in un sacco, e a Terezin poi lo ricostruì con pazienza, corda per corda, e gli tornò a dare vita.
Proprio questa vicenda, commovente e quasi dimenticata, è il fil rouge della 17ª edizione del Concerto della Memoria e del Dialogo che gli Amici della Musica proporranno lunedì, il 27 gennaio alle 20.30, al teatro Comunale Pavarotti Freni (con ingresso a 10 euro, ridotto 5). ’La corda rotta’ sarà una tessitura di musica e parole, con la narrazione del drammaturgo e musicologo Guido Barbieri, il soprano Valentina Coladonato e il pianista Paolo Marzocchi: verranno eseguite sette pagine vocali e strumentali nate nel ghetto di Terezin da musicisti che vi erano internati, come Ilse Weber, Viktor Ullmann e Gideon Klein, in un ideale dialogo con una nuova composizione di Paolo Marzocchi, che da quelle musiche prende spunto.
’Dialogo’ è appunto la parola chiave di questo concerto "che di anno in anno ha affrontato non solo la memoria della shoah, ma anche tante altre memorie e situazioni critiche della storia dell’umanità", sottolinea il maestro Aldo Sisillo, direttore del teatro Comunale. Memoria viva, che attraverso la musica vuole seminare nuove occasioni di conoscenza e di confronto, come rimarcano Matteo Tiezzi, presidente della Fondazione di Modena, e Andrea Bortolamasi, assessore comunale alla cultura. "L’obiettivo del nostro concerto è anche ‘politico’, con la volontà di creare connessioni e consapevolezza anche sulla situazione attuale", aggiunge Andras Gemes, presidente degli Amici della Musica.
Fra il 1941 e il ‘44 Terezin fu come un ghetto ‘modello’: a tutti gli effetti era un lager, un centro di smistamento e di transito verso Auschwitz, ma i nazisti la resero una fabbrica d’arte che lavorava giorno e notte, dove si tenevano concerti, opere liriche, spettacoli teatrali e di cabaret. Vi furono internati alcuni degli principali artisti europei, che nella disperazione dei tempi si aggrapparono alla musica, alla parola, alla pittura in una necessità di sopravvivenza creativa. Tutto questo finiì il 17 ottobre 1944, quando i 1390 artisti di Terezin vennero condotti alla camera a gas a Birkenau. E quella corda si spezzò completamente.