REDAZIONE MODENA

Il rasoio di Beckham: la nuova raccolta di racconti satirici di Roberto Barbolini

Una serie di racconti che mescolano satira e humor, firmati da Roberto Barbolini, esplorano la vita modenese con ironia.

Una serie di racconti che mescolano satira e humor, firmati da Roberto Barbolini, esplorano la vita modenese con ironia.

Una serie di racconti che mescolano satira e humor, firmati da Roberto Barbolini, esplorano la vita modenese con ironia.

Fin dal titolo, ’Il rasoio di Beckham’ è un susseguirsi di quiproquò e lapperlà. Fraintendimenti, equivoci e approssimazioni regnano sovrani sulle vicende narrate e cambiano il destino di fatti e personaggi seguendo il ritmo di racconti a perdifiato, pronti a seminare a piene mani meraviglia e humor.

C’è una grande voglia di raccontare e divertire, in questa raccolta di ventisette racconti di Roberto Barbolini, brillante scrittore modenese, giornalista, critico teatrale e saggista letterario, pubblicata in questi giorni da La nave di Teseo. ’Il rasoio di Beckham’, a differenza di quello del celebre filosofo medievale Occam, è quello caldamente suggerito negli spogliatoi di Wembley dall’allenatore al supercampione per eliminare un’orribile cresta da Mohicano. Beckham si rasò a zero.

Occam col suo rasoio della ragione tornerà invece nel primo racconto nelle parole di Fabio, ateo, razionalista occamiano, scettico e teorico dell’Involuzionismo, il movimento di regresso della specie umana. È il filosofo di una spassosa famiglia tipicamente modenese, vecchia borghesia di campagna con tanti interessi in città, spendacciona e poco attenta agli affari, un po’ liberale, già fascista e ora convintamente democratica. Gente che vive instancabilmente anche da morta, in un frenetico turbinio di storie tra gli echi di Charleston della zia Flavia. Quanti di noi si riconosceranno in queste storie?

E poi vai con le storie di cani epilettici, uno strano invito alla Cena di Tigellone, esperti di vini pregiati rimasti senza veri amici, un Natale coi mostri, il grande attore di ’Ombre Rosse’ che muore mentre sale al Duomo di Milano durante una convention di Tex Willer, Queequeg, redivivo ramponiere di Moby Dick ipertatuato, che diventa un’opera d’arte contemporanea in un mondo di fatui collezionisti ed esperti da vernissage, giocatori di Bingo che puntano su galline che evacuano seguendo le serie di Fibonacci, le vedove necrofile del cimitero di Foresta Lawn a Los Angeles.

C’è l’esilarante banda dei soliti ignoti da bar in trasferta per rapire i 130 chili dell’Orgoglio di Modena in un inestricabile equivoco tra le spoglie mortali di Big Elle al cimitero di Montale e (questo sì oggetto del crimine) un pregiato maiale da allevamento. Insomma, un luna park di storie e personaggi satirici e irriverenti che fanno ridere e pensare in un’epoca in cui l’apocalisse sta arrivando a rate (per citare il titolo un altro recente libro di Barbolini).

Barbolini, i suoi personaggi sono divertenti perché non sono mai come ce li aspettiamo. Sono distratti, infantili, pasticcioni, pigri, disattenti. Sono anche uno specchio del mondo reale?

"Lo rispecchiano in modo comico, il che a volte si risolve in una vera tragedia. Il Ridolini di turno che scivola su una buccia di banana ci fa ridere a crepapelle, ma se capitasse a noi saremmo d’avviso ben diverso. C’è un legame tra crudeltà e risata; certi miei personaggi squinternati finiscono per sembrare realistici proprio perché mettono a nudo questo meccanismo".

Da un racconto all’altro, il lettore s’imbatte in una frenetica commistione tra vivi e morti. I suoi morti vivono attraverso i ricordi in una continuità di storie, tic, passioni e giudizi postumi. Sono pieni di vita. Vuole rompere un argomento tabù con allegria?

"Oggi la morte viene rimossa, edulcorata, cancellata, e non è un buon segno. Una civiltà non si giudica dal suo tenore di vita, ma da quello di morte. Per questo nelle mie storie non c’è soluzione di continuità fra questo mondo e l’altro, tanto che i vivi e i morti si mescolano in allegra sarabanda".

Colpisce la sua grande gioia di raccontare. Una gioia quasi infantile che travolge tutto e, se inciampa nell’equivoco o nell’errore, prosegue gioiosamente per altre strade. La trama diventa secondaria rispetto agli aneddoti comici, alla voglia di stupire e ai ritratti buffi. Non trova che sia un modo di raccontare tipicamente emiliano, anzi modenese?

È un modo di narrare un po’ a vanvera, che risente sia della nostra parlata orale sia della tradizione maccheronica di stampo padano, ma si mescola e si ibrida con altre tradizioni umoristiche, ad esempio quella americana alla Mark Twain. Non è la trama in sé, ma il modo di raccontare a creare l’effetto: come diceva mia nonna, è il tono che fa la musica".

Ci sono tanti personaggi satirici o caricaturali. Uno per tutti: Chandra, ’la sciroccata dagli occhi verdi e dalla pelle color rum’ di ’Mio marito è un Mi Bemolle’, tipica ’sciura’ tutta yoga e incensi, pantera aggraziata da salotto milanese. Li crea da persone vere che incontra?

"Chandra e gli altri sciroccati dei miei racconti sono degli ibridi: per metà inventati e per metà messi assieme con la tecnica del dottor Frankenstein, assemblando bizzarrie e tic caratteriali presi da persone vere. Come diceva Palazzeschi, lasciatemi divertire. Anche a rate. L’Apocalisse arriva a poco a poco, finché si può, tanto vale riderci sopra".