Il mercoledì sera è la nostra serata. Da circa due anni, da quando il mio amico Carlo ha avuto un serio problema di salute, il mercoledì sera mi metto a sua disposizione e lo accompagno dove vuole. Carlo cammina a fatica, usa poco e male la mano destra, ha difficoltà nel linguaggio. Dopo la fase critica si è ripreso a fatica e temo che, a sessant’anni suonati, non ci saranno ulteriori progressi.
Ma è sempre stato una persona positiva quindi, il coraggio che gli altri non riescono a dargli, se lo prende da solo. Eravamo al liceo insieme poi per molti anni ci siamo persi di vista, ma quando ci siamo ritrovati la nostra amicizia è decollata e quando è venuto il momento del bisogno io c’ero. Carlo era un uomo forte e robusto, un professore universitario celebrato per la sua eloquenza. Ora è appassito come frutta secca e inciampa sulle parole che non scorrono come si deve. Ma non si nasconde, e non nasconde la sua infermità.
Stasera ha voluto andare in un locale – birreria dove c’è un sacco di gente che lo conosceva nell’altra vita. Qualcuno fa finta di non vederlo, altri raffazzonano convenevoli (ti trovo bene Carlo, ti sei ripreso alla grande…). Io sto peggio di lui e non so dove trovi la forza di rispondere a tutti. Stasera però, lo vedo più malinconico del solito. Siamo seduti al bancone e sorseggiamo le nostre birre in silenzio. Nei movimenti è maldestro e ne rovescia sempre un po’, ma facciamo finta di niente.
Un tipo che non lo vedeva da tempo e, evidentemente, non sapeva della sua malattia, uno con la faccia grassa, la pelle del viso glabra e chiazzata da macchie rossastre, si piazza alle sue spalle e mi fa cenno: ’Cosa gli è successo?’. È chiaro che non posso rispondergli e faccio finta di non averlo sentito finché non se ne va. Ma non aveva fatto i conti con lo specchio e Carlo lo ha visto. ’Cosa voleva?’. Rispondo che non lo so e lui fa finta di accettare la mia bugia.
Poi, senza guardarmi, mi chiede a bruciapelo secondo me ’cosa c’è di là’. ’Il guardaroba e i bagni’ rispondo, ma lui non molla. ’Dai, ha capito benissimo’. Allora, citando un poeta greco, gli dico che ’La morte non deve fare paura perché non è una porta che si chiude, ma una porta che si apre’. ’Verso cosa?’. ’Verso le nostre speranze’ mi viene da rispondere. Lui si gira e alza il boccale.