Minacce perché viveva ’all’occidentale’

Rinviati a giudizio i genitori di una ragazza magrebina. Non accettavano che avesse amici maschi

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Sarebbe stata picchiata e minacciata di morte perché si "vestiva troppo all’occidentale". Per questo i suoi genitori di origine magrebina - padre di 62 anni e madre di 56 anni - sono stati rinviati a giudizio dal tribunale di Reggio Emilia. L’accusa della quale dovranno rispondere è di maltrattamenti (aggravati dal vincolo di sangue) in concorso. La ragazza, oggi ventenne e domiciliata nel Modenese dove si è rifatta una vita autonoma, senza più rapporti coi genitori, aveva denunciato in questura le vessazioni subite ad agosto scorso. Tra l’altro, stando alle successive indagini della squadra mobile della Polizia, le violenze nei suoi confronti sarebbero iniziate già quando era minorenne. Una vicenda che ricorda - con ben altro epilogo - quella di Saman Abbas, la 18enne pachistana scomparsa a fine aprile di un anno fa a Novellara, sempre nel Reggiano, che secondo gli inquirenti è stata uccisa proprio dai familiari per aver rifiutato un matrimonio combinato. Proprio come Saman, che aveva trovato inizialmente rifugio in una struttura protetta, anche nel caso di questa ragazza, quando era ancora minorenne, sono intervenuti i servizi sociali. Poi a ottobre 2020, maggiorenne, lasciò la casa familiare. "I miei genitori hanno sempre portato avanti l’idea che io dovessi seguire la tradizione, vietandomi di vestire in un certo modo (gonne, maglie scollate o appariscenti) e vietandomi amicizie maschili", ha spiegato la giovane. Il padre non la prese bene e in un’occasione - stando a quanto ricostruito dalle indagini - andò fuori dall’ufficio dove lavorava la figlia, insultandola in arabo. La giovane decise di rifugiarsi a Verona, a casa di un’amica, ma quest’ultima fu rintracciata telefonicamente dal padre. "Mi disse che mi avrebbe trovata e mi avrebbe buttato dell’acido addosso". A quel punto la ragazza decise di denunciare. Il sostituto procuratore Marco Marano, titolare del fascicolo d’inchiesta, dopo la chiusura delle indagini preliminari ha chiesto il rinvio a giudizio per i genitori, accolto dalla gup Silvia Guareschi dopo due rinvii precedenti in quanto i due non si erano presentati in aula.

"Con comportamento abituale, maltrattavano la figlia fin dalla minore età", scrive il pm nella motivazione, imponendole "i precetti particolarmente tradizionalisti del loro Paese di origine, con gravi ingiurie e offese, umiliazioni e divieti sociali non rispettosi della libera autodeterminazione della ragazza". La quale, attraverso il legale Gianluca Tirelli, si costituirà parte civile il 7 luglio quando si aprirà il dibattimento.