Quando le sciovie invadevano il Frignano

Una ricerca di funivie.org raccoglie i dati sui vecchi impianti dismessi. In passato erano presenti a Pavullo, Serra e Zocca

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Quando Pavullo, Serramazzoni e Zocca avevano una loro sciovia. Una recente ricerca di Funvie.org sta raccogliendo i dati di oltre 300 stazioni sciistiche attive negli anni 60’’70 e poi dismesse. Già risultano ben 17 impianti di risalita modenesi dismessi in 7 comuni, causa crisi economica, riscaldamento globale, prodotti (turistici e ricreativi) sostitutivi o più semplicemente per costi non più sostenibili. Ad esempio fece scalpore il caso della sciovia ‘Lago Santo’ a Tagliole di Pievepelago: il comune non riuscì a rinnovarne l’appalto eppure al prezzo scontatissimo di 10mila lire annui (5 euro...), dato che i costi di gestione erano superiori ai possibili introiti. Dopo che fu dismessa, solo pochi anni ne furono rimossi gli ultimi piloni. Nella ricerca, ancora in corso, compaiono nella montagna modenese questi impianti: Faeto (Serramazzoni), Fellicarolo (Fanano) Doccia del Cimone e Dogana (Fiumalbo), Fontanaluccia, Pianello, Casa Pasquesi, I Faggi, Le Piane, San Geminiano (Frassinoro), La Baita, La Sega, Lazze, Tagliole e Valle degli Alpini (Pievepelago) ed anche un impianto ciascuno a Pavullo ed a Zocca. Questo ultimo caso è stato censito anche da Legambiente. ‘Nel 1982 il comune di Zocca acquistò la sciovia Del Cerro di Pavullo (del 1969) chiusa pochi anni prima. Il funzionamento durò sino ai primi anni ‘90 alternando stagioni di assenza completa di neve a stagioni prosperose. Ad impianto chiuso per scadenza di vita tecnica nulla venne fatto per un suo eventuale rinnovo o ripristino. Attualmente, rimangono a testimonianza solo alcuni pali e la stazione tenditrice di valle ormai parte integrante del bosco.’ La conta dei vari comprensori dismessi, iniziata su Skiforum.it e che ora continua su Funivie.org "è una campagna mirata a raccogliere informazioni sulle località sciistiche abbandonate - spiega Carlo E. Gräfe - con tanti casi di progetti sviluppo e di crescita della montagna che sono svaniti, quasi, nel nulla. In alcuni casi i ruderi di ferro e di cemento sono ancora lì a fare brutta mostra di sé. Lo sci aveva conosciuto in Italia una notevole espansione negli anni ‘60 e ‘70, una fase di stagnazione nella prima metà degli anni ‘80 e, successivamente, un declino sempre più rapido che decimò le piccole stazioni sciistiche che erano spuntate come funghi un po’ dappertutto".

g.p.