Radicata e imprenditoriale, la mafia resiste

Reso noto il rapporto della Dia sui primi sei mesi del 2019: tra le misure più efficaci per il contrasto ci sono ’white list’ e interdittive

Migration

di Valentina Reggiani

Mafie nostrane e straniere continuano a prendere di mira e a spartirsi il nostro territorio, a volte arrivando a ‘stringersi la mano’. Tra le ragioni anche la continua crescita economica dell’Emilia Romagna: una terra di investimenti, insomma, per le organizzazioni criminali. Da una parte c’è la presenza, costante nella nostra provincia come in quelle di Reggio Emilia, Parma e Piacenza - come dimostrano gli ultimi processi - dei cutresi Grande Aracri con la profonda infiltrazione del sodalizio nel tessuto economico, sociale e amministrativo delle citate province. Ma è forte ancora l’influenza avvertita nella nostra provincia del clan dei Casalesi così come quella di mafie straniere, in particolare la criminalità nigeriana e, sempre più in espansione, quella albanese che si spartiscono gli affari tra prostituzione e droga. E’ quanto emerge dal report della Dia e relativo al primo semestre del 2019. Dati che confermano come, nonostante le importanti operazioni delle forze dell’ordine, prima tra tutte Aemilia, che ha portato al grande processo e volte a contrastare le infiltrazioni mafiose le stesse siano ben radicate ma, ancor peggio, in evoluzione. Nel report si parla infatti di un approccio marcatamente imprenditoriale delle mafie sul nostro territorio prediligendo, tra le proprie direttici operative, l’infiltrazione sia del tessuto economico produttivo sia delle amministrazioni locali. Mafie che, nel tempo, hanno saputo spartirsi i giri d’affari: tra le organizzazioni criminali più attive c’è ancora la ‘Ndrangheta che si è imposta sul piano economico-finanziario. Al pari delle cosche calabresi - si legge nel report - anche Cosa nostra ha sviluppato, a partire dagli anni ’90, attività criminali in tutta la Regione e legate al riciclaggio di denaro e al traffico di stupefacenti. Poi c’è il noto clan dei Casalesi: il quadro offerto dalle indagini degli ultimi anni conferma la presenza di imprese mafiose attive nel settore degli appalti pubblici. La pluriennale presenza casalese - secondo il rapporto della Dia - accertata anche nella nostra provincia è sempre più finalizzata ad agevolare le infiltrazioni finanziarie nel mercato immobiliare e nelle gestioni d’impresa. La direzione investigativa antimafia sottolinea però come negli ultimi anni strumenti efficaci nell’azione di prevenzione si siano mostrati, anche nel semestre in esame, le interdittive antimafia e le “white list”. Undici le interdittive emesse nel primo semestre nella nostra Regione. Uno spunto di riflessione viene fornito proprio dalla capacità quasi camaleontica delle mafie di adattarsi a contesti in continua evoluzione. Emerge infatti un “sistema integrato” tra imprese, appalti e affari che ha costituito l’humus sul quale avviare le attività di riciclaggio e di reinvestimento delle risorse illecitamente acquisite. Un’azione, quest’ultima, favorita dalla disponibilità di compagini imprenditoriali, in particolare nel settore edile e dei trasporti, ad entrare in rapporti con famiglie di mafia. Si tratta di imprese che se da un lato fungono da schermo per le attività illecite, dall’altro diventano funzionali a rilevanti frodi fiscali, spesso realizzate attraverso fatturazioni per operazioni inesistenti. Le indagini sulla criminalità organizzata sviluppate in ambito regionale hanno documentato la presenza proprio di professionisti, imprenditori e amministratori pubblici vicini alla criminalità organizzata, in grado di proporre sempre nuovi servizi e collaborazioni.

Secondo la direzione investigativa antimafia l’assenza di episodi particolarmente eclatanti o sanguinosi non deve indurre a ritenere che le organizzazioni criminali abbiano rinunciato all’uso della violenza o che addirittura la mafia dei “colletti bianchi” abbia sostituito quella classica: la violenza resta un’opzione sempre attivabile, soprattutto a scopo intimidatorio. Il report conferma purtroppo come anche nella nostra provincia sia sempre più rimarcata la presenza di soggetti riconducibili alla criminalità nigeriana, dediti al narcotraffico internazionale e al favoreggiamento all’immigrazione clandestina. Le indagini degli ultimi anni hanno evidenziato la diffusione degli EIYE in particolare tra Bologna, Modena e Parma, ove sono presenti anche i Black Axe, i Maphite, i Vikings. La conferma è arrivata da un’operazione scattata a luglio e condotta dalla squadra mobile di Bologna che ha portato a 19 fermi nei confronti di altrettanti nigeriani. Dalle intercettazioni è emerso come le bande di ‘famiglie rivali’radicate da tempo sul nostro territorio si affrontassero con sangiunosi pestaggi per ottenere il predominio delle attività criminali. Oltre alle tradizionali mafie italiane, nel modenese l’allarme è dunque legato anche all’operatività della criminalità di matrice straniera, in grado di gestire autonomamente il traffico di stupefacenti, anche su scala transnazionale, lo sfruttamento dell’immigrazione clandestina e della prostituzione.