Sempre in sella al motorino avvolto dalla sciarpa dell’Atalanta

Gianni Braglia: "Concreto e superattivo, i suoi discorsi erano sempre coerenti con quello che poi metteva in pratica ogni giorno"

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Quella di don Gregorio era una sfida continua alle leggi della fisica, quelle che stabiliscono che su un mezzo a due ruote si possono trasportare non oltre due sporte piene di vestiti o generi alimentari, pena il rovesciamento del ciclomotore. Una sfida alla raccomandazione di non inserire in agenda oltre trenta appuntamenti al giorno per non rischiare di sovrapporre gli impegni. Don Gregorio era euforico, avrebbe voluto fare mille cose in contemporanea. Qualche anno fa era riuscito a fissare due matrimoni lo stesso giorno, alla stessa ora, nello stesso luogo (l’abbazia di San Pietro) generando non poca apprensione nelle due spose; il tutto si era ‘risolto’ con il beneplacito del vescovo che consentì – una manciata di ore prima – di celebrare in forma del tutto straordinaria in cattedrale le nozze di una delle due coppie. Tutti ricordano questo episodio con simpatia perché a don Gregorio si perdonavano ‘distrazioni’ di questo tipo, come le si perdonano a quelle persone buone descritte nel vangelo. Sempre accanto alle persone, con una predilezione per i poveri, i dimenticati, i lontani, i ragazzi del catechismo, le donne straniere in difficoltà. "Era un uomo concreto e al tempo stesso spirituale, dava una bella immagine della Chiesa e in questo modo attirava la gente, in particolare i giovani e gli studenti – ricorda Gianni Braglia (nella foto) che lo ha avuto come parroco e come insegnante di religione –. Era un uomo appassionato della sua vocazione, le sue prediche a messa erano molto animate, credeva davvero in quello che proclamava e i suoi discorsi erano sempre coerenti con gli atteggiamenti, con la vita reale". Certo, una presenza ingombrante, alle volte. In un gruppo la sua voce spesso prevaleva e quando doveva salutarti ti stringeva la mano talmente forte da lasciarti quasi senza fiato perché voleva che lo guardassi negli occhi. "Il rombo del suo motorino lo si sentiva a centinaia di metri di distanza – continua Braglia –. Arrivava con la sciarpa dell’Atalanta, la sua squadra del cuore e subito ti metteva di buonumore. La notizia della sua scomparsa mi ha lasciato un grande senso di malinconia. Credo che Modena abbiamo perso una fetta importante della storia della Chiesa e della città". Un vuoto lo lascia nelle tante persone che hanno condiviso incontri di preghiera e momenti di convivialità. "Apriva agli altri tutte le sue porte, sia quella del monastero che quella del suo cuore – spiega Luigi Vaccari che ricorda le visite pastorali del parroco che si concludevano sempre con una cena in famiglia –. Trascorreva tutto il suo tempo dedicandosi a chi era più in difficoltà, in particolare alle badanti. Tutto questo don Gregorio lo faceva senza riserve e in modo disinteressato". Un comportamento un po’ fuori moda, come il suo motorino e la sua sciarpa dell’Atalanta.

Paolo Tomassone