Il talento, il coraggio, la passione. Libero Borsari era tutto questo, e in sella alla sua moto era come "un angelo su due ruote che amava la velocità oltre la vita", scrive Alessandro Braida. Già giovanissimo, negli anni ‘40, iniziò a coltivare il suo amore per i motori e le corse fra le auto e le moto dell’officina di papà Dandolo, partecipò alle prime gare e ottenne i primi successi finché nel 1951, a vent’anni, in sella alla sua Guzzi ‘Dondolino’, conquistò il titolo di campione d’Italia di Seconda categoria per la classe 500. Libero Borsari era certamente proiettato verso nuovi traguardi e nuove conquiste sportive, ma il destino lo attendeva lungo la via: l’11 maggio 1952, durante una gara al circuito motociclistico di Mestre, una caduta fatale spezzò la vita al giovane centauro. Sono trascorsi più di settant’anni dal tragico incidente, eppure Libero Borsari continua a vivere nel ricordo e nell’emozione, e Finale lo ricorderà con una mostra – a cura di Alma Finalis – che sarà inaugurata domattina (sabato 21) alle 11.30 nella sale dell’Ex Guardia nazionale in corso Cavour e si potrà visitare fino al 12 gennaio 2025. Saranno esposte numerose fotografie sulla ari, il suo casco, l’abbigliamento di gara, e un esemplare di Guzzi 500 ‘Dondolino’ come quella guidata da lui. "Libero Borsari era un predestinato. Tra i motori ci era nato – aggiunge Braida –. A distanza di tanti anni, ciò che stupisce è come sia bastato così poco tempo per lasciare un ricordo indelebile". Nato Libero, Borsari aveva messo le ali a un sogno. E continua a farci sognare.
s. m.