Abusi edilizi, a Pesaro trenta casi l’anno. "Le segnalazioni dai vicini"

Capanni, garage e verande: raffica di verifiche e di denunce. Il comandante dei vigili urbani Galdenzi: "In tanti ci chiedono di intervenire"

Gianni Galdenzi, comandante della polizia municipale (Fotoprint)

Gianni Galdenzi, comandante della polizia municipale (Fotoprint)

Pesaro, 8 novembre 2018 - Il comandante della polizia municipale Gianni Galdenzi potrebbe scrivere un libro su come vengono scoperti gli abusi edilizi a Pesaro: «Per il 90 per cento dei casi è il vicino a segnalarci il capanno, la trasformazione d’uso, la veranda che diventa stanza».

Rimanendo anonimo?

«No, al contrario. Ci dice nella quasi totalità dei casi di chi si tratta, lasciando nome e cognome oltre al motivo della sua chiamata».

E’ spinto da vendetta verso il dirimpettaio o da amore per la giustizia?

«Non sopporta che ci sia qualcuno che faccia il furbo aggirando la legge. E questi cittadini vanno ringraziati».

Quando andate a casa del proprietario della casa dove è stato segnalato l’abuso, come vi accolgono?

«Generalmente con educazione»

Alla domanda sul perché hanno realizzato manufatti senza autorizzazione cosa rispondono?

«Che non sapevano di aver violato la legge o preferibilmente che la colpa deve essere data al loro tecnico che non li aveva avvertiti della mancanza di autorizzazione».

Trovate sempre persone comprensibili e pentite?

«I miei collaboratori mi dicono se hanno ricevuto o meno minacce o scontrosità. Direi che nella quasi totalità dei casi gli agenti procedono al rilievo e se ne vanno senza problemi».

Ma tutti accettano facilmente l’idea, una volta scoperti, che devono abbattere il capanno abusivo, il gazebo, il garage o il box in lamiera per il trattore?

«Purtroppo sono ancora molti quelli che ci rispondono che non se parla nemmeno di abbattere quello che ha costruito e che se vogliono raderlo al suolo devono vedersela con lui. Ovviamente inviamo la segnalazione alla procura di fronte ad un atteggiamento di aggressività»

Sono abusi recenti o lontani nel tempo quelli che intercettati con più frequenza?

«La maggior parte risalgono a dieci, venti o trent’anni fa. Lo si vede anche dalle condizioni del manufatto».

Parlando di denunce penali, che tempi di prescrizione hanno i reati di abuso edilizio?

«Dal momento della costruzione e dunque ultimazione, si prescrive l’aspetto penale in quattro anni. Rimane ovviamente in piede tutta la procedura amministrativa ma è certo che per quell’abuso di carattere penale non si paga per sanare. Si abbatte soltanto».

Da come lo dice, sembra che ci sia sempre una ruspa pronta ad intervenire al vostro ordine. E’ così?

«Ogni caso è a sé. Ma è ovvio che nelle situazioni di maggior importanza e con valutazioni contrastanti, il proprietario ricorre al Tar».

E questo cosa comporta?

«Che l’ordinanza di abbattimento si blocca sine die. Ossia per un tempo che nessuno è in grado di preventivare in quanto il tribunale amministrativo ha tempi non brevi per arrivare ad una decisione sul merito. Potrebbero passare anche anni».

Nel caso andasse male per il proprietario?

«C’è sempre la possibilità di ricorrere al Consiglio di Stato, il che presuppone ulteriore tempo di attesa».

Così facendo, le ordinanze di abbattimento sono pericolose come le zampe di un gattino?

«Non direi, visto che i procedimenti istruiti penalmente vengono confermati dal vaglio della procura che porta a processo il responsabile dell’abuso edilizio».

Ma grazie al vicinato

«Certo, ma non è affatto disdicevole»

ro.da.