Benelli, la gioia mondiale del medico "L’oro del volley lo dedico a Pesaro"

È il responsabile dello staff sanitario della Nazionale di pallavolo. "Il trionfo iridato è una sensazione bellissima"

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di Elisabetta Ferri

Piero Benelli, che sapore ha questo oro mondiale?

"E’ una sensazione bellissima. In 15 anni con la Nazionale di volley ho vinto tanto, anche un argento e un bronzo olimpico. Mai un oro, però: l’anno scorso agli Europei non c’ero. Per questo sono ancora euforico, ed essere ricevuti in Quirinale dal presidente Mattarella appena sbarcati dall’aereo è stato emozionante".

Che cosa vi ha detto il presidente?

"Benvenuti campioni del mondo! E poi ci ha rivelato che quest’incontro lo aveva organizzato prima che si giocasse la finale perché aveva piacere di incontrare una squadra che incarna un atteggiamento che lo ha colpito, a prescindere dal risultato. C’era un pizzico di soggezione, invece Mattarella è stato molto empatico coi ragazzi e alla fine il nostro capitano ha ribadito che questo oro lo abbiamo portato a casa con il cuore e col sorriso".

A chi dedica la medaglia?

"Alla mia famiglia, ma anche a tutta Pesaro che sono onorato di rappresentare. Se ho potuto partecipare a 4 Olimpiadi lo devo alla mia storia di sport scritta nella mia città, da quando ero un nuotatore della Vis Sauro fino ad intraprendere la carriera nella medicina sportiva. Nella chat della Vuelle ho scritto che è anche merito loro, che mi allenano tutto l’anno ad essere il medico di una squadra".

Che cos’aveva di speciale questa Nazionale?

"Ci sono tanti fattori che contribuiscono a creare l’impresa, ma battere la Polonia in casa sua, in una bolgia assoluta e davanti a 12.000 spettatori significa che questo gruppo è cresciuto in fretta nonostante avesse l’età media più bassa del Mondiale, 24 anni".

Quanto ha contato il manico? "La conduzione di Fefè De Giorgi è stata magistrale: un allenatore tranquillo, che non crea mai tensioni, la squadra ha lavorato sodo ma era spensierata". Quando ha capito che si poteva fare?

"Quando nei quarti abbiamo pescato la Francia campione olimpica, un accoppiamento che pareva tagliarci fuori e invece la reazione dei ragazzi non è stata: che sfiga, non ce la faremo mai, ma ce la giochiamo".

C’è stato molto da fare per lo staff medico?

"E’ andato tutto liscio, a parte una distorsione al libero di riserva. Abbiamo lavorato molto sulla prevenzione degli infortuni, sulla gestione degli affaticamenti muscolari, sul calcolare i carichi di lavoro, sull’alimentazione e gli integratori. Se un giocatore rende è per tutto questo. Poi è chiaro che i giovani recuperano prima. Ma ascoltano anche di più".

Non solo in Italia si crede poco nei giovani ma anche negli italiani…

"Vero, se penso che il nostro Yuri Romanò non è mai stato titolare in Superlega ed è stato protagonista in maglia azzurra. E’ una problematica anche del basket, invece bisogna avere fiducia e metterli in gioco, altrimenti si perdono per strada dei talenti". Boniciolli ha commentato: allora i lunghi in Italia nascono, solo che giocano a volley. Perché?

"Lo chiese anche Meo Sacchetti a Michieletto, 2.11, incrociato all’Acquacetosa. Io credo che i successi a livello internazionale abbiano spinto molti ragazzi verso la pallavolo e tutti si strapperebbero le vesti pur di indossare la maglia azzurra".

Adesso è ora di pensare alla Vuelle…

"Certo. Torno carico, curioso di conoscere questa squadra, più voglioso che mai di vivere un’altra stagione di basket".