Fusione con Tavoleto, riprende la causa al Tar

Il comune di Urbino chiede ai giudici di annullare il provvedimento della Regione che nel 2015 aveva negato la possibilità di procedere ad un unico Comune.

Fusione con Tavoleto, riprende la causa al Tar

Fusione con Tavoleto, riprende la causa al Tar

A otto anni dal referendum per la fusione tra Urbino e Tavoleto, svoltosi il 17 aprile 2016 e fallito per pochi voti, un nuovo capitolo si aggiunge alla vicenda. Parliamo del ricorso che il comune di Urbino intentò al Tar contro la Regione per chiedere l’annullamento del decreto regionale di sospensione del referendum. La causa era stata interrotta dal Tribunale amministrativo delle Marche in quanto non erano rimasti avvocati a difendere la Regione: né Maria Grazia Moretti, morta nel 2016 né Paolo Costanzi, che nel giudizio "risulta cancellato dall’Albo Speciale degli Avvocati di Ancona", scrive la Corte. Tuttavia, "tenuto conto dell’interesse pubblico della questione sollevata", la Giunta comunale ha deciso di far ripartire la causa per arrivare a sentenza. "Con la sospensione del referendum, la Regione causò un danno economico e d’immagine a Urbino – spiega il sindaco Maurizio Gambini –. Averlo stoppato anche da noi solo perché i cittadini di Monteciccardo si erano opposti alla fusione con Pesaro non ebbe senso. Qui non c’era stata opposizione e, votando nel giorno prefissato, il 13 dicembre 2015, l’esito sarebbe stato positivo. Così facendo, chi l’ha fatto rinviare è potuto andare dai cittadini di Tavoleto per parlare male della fusione, mentre era stata Tavoleto stessa a cercarci. Passati cinque mesi, le condizioni erano ormai diverse. Alla fine, la fusione non si fece per soli 50 voti, quando oltre l’80 per cento della popolazione complessiva di Urbino e Tavoleto aveva detto sì. Poi, quando chiedemmo di procedere comunque, essendo il referendum non vincolante, ci fu negato. Considerando che a Colli al Metauro fu concesso nonostante la popolazione di uno dei Comuni fosse contraria, ci sembrò un distinguo assurdo". Per Gambini, il danno che la Regione avrebbe causato sarebbe potenzialmente di 30 milioni di euro: "Si parlava di 3 milioni all’anno come massimale, per 10 anni, che lo Stato ci avrebbe erogato. E poi c’è il danno d’immagine, perché la vicenda ha disincentivato altri Comuni ad approcciarsi a possibili fusioni con Urbino". In caso di sentenza sfavorevole del Tar, il passo successivo sarebbe ricorrere al Consiglio di Stato: "L’intenzione è quella – dice Gambini –. Questo processo rientra nell’azione amministrativa volta a portare risorse a Urbino e fatta in questi 10 anni nell’interesse dei cittadini, così come la vendita alla Regione, per 1.3 milioni di euro, del terreno dell’ospedale, che amministrazioni precedenti avevano regalato, e la causa, vinta in questi giorni, per farci rimborsare dalla Regione il risarcimento versato alla famiglia Pecorini".

n. p.