"I corsi d’acqua vanno resi innocui per l’uomo"

Gli esperti di geologia e geomorfologia dell’Università di Urbino avvertono: servono soluzioni contro il cambiamento climatico

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di Giovanni Volponi

L’alluvione delle Marche è già uscita dalle notizie che catturano l’attenzione, per passare silenziosamente nel cassetto delle tragedie da dimenticare. Eppure non basteranno mesi o anni per sanare i danni morali e materiali degli alluvionati, e quindi per voltare pagina. Ma anche un’altra categoria di persone in queste settimane lavora alacremente nelle e per le zone colpite dalla calamità: parliamo dei geologi e dei professionisti del settore, che sono nel pieno dell’analisi delle conseguenze del disastro.

Abbiamo dialogato con alcuni professori dell’ateneo urbinate (che fanno parte del ICCS, Institute for climate change solutions, istituto internazionale nato in seno a Uniurb che si occupa di trovare soluzioni per i migliori adattamenti al cambiamento climatico in atto). Nei giorni scorsi sono stati nell’alta valle del fiume Burano a cavallo tra Umbria e Marche. I sopralluoghi sono stati mirati a rilevare dissesti geo-idrologici causati dalle forti piogge, che hanno movimentato depositi superficiali e legname. Questo materiale è stato poi preso in carico dai corsi d’acqua e trascinato nei fondivalle, innescando contestualmente innumerevoli eventi franosi specialmente nell’area a monte di Cantiano, dove sono presenti rocce impermeabili che hanno bassa capacità di trattenere le piogge. Oltre a queste cause naturali, va messa sulla bilancia anche la mancanza di una costante manutenzione dei corsi d’acqua.

Il prof Stefano Morelli, docente di geografia e geomorfologia applicata, si occupa di processi di evoluzione dei corsi d’acqua: "Su tutta l’area colpita è evidente che la circolazione idrica superficiale, molto articolata, rimane il fattore che maggiormente modella le forme del territorio. In certe zone i flussi idrici si riducono notevolmente in alcuni periodi dell’anno fino a quasi a scomparire, inducendo ad una implicita sottovalutazione del problema idraulico per il resto dell’anno. Ma la forza dei corsi d’acqua è potente anche, e soprattutto, in condizioni straordinarie come le esondazioni e le alluvioni, anche minori di quella del 15 settembre scorso. È una situazione normale per i fondivalle, ma viene particolarmente acuita dall’antropizzazione del territorio e dalle modifiche effettuate dall’uomo ai tracciati dei corsi d’acqua forzandone la naturale dinamica evolutiva. È proprio durante eventi di piena particolarmente intensi che la forza delle acque tende a voler ripristinate le condizioni modificate dall’urbanistica realizzata dall’uomo".

Il ricercatore Mirko Francioni insegna geologia applicata; la sua opinione è che per evitare tragedie bisognerebbe alzare l’asticella della prevenzione: "Bisognerebbe cambiare il concetto di pianificazione territoriale, tenendo come riferimento situazioni estreme come queste. Banalmente, costruire ponti più alti, tenere il più possibile puliti i fiumi. Laddove è già costruito, mettere gli edifici in condizione di reggere a eventi straordinari".

Ma cosa succede esattamente quando delle piogge intensissime si abbattono su una montagna come ad esempio il Catria?

"Quando piove – prosegue Francioni – il materiale viene trasportato verso i fiumi se non è fermato dalla vegetazione. Inoltre l’acqua infiltrata nelle fratture, aumenta la pressione all’interno e porta al distacco e franamento dei terreni. Se essi sono rocciosi, ci si può premunire con reti paramassi, se invece i terreni sono terrosi, bisogna gestire l’irregimazione delle acque, che attraverso canali dev’essere convogliata in maniera più diretta verso fossi e torrenti. Il ristorante sepolto alle falde del Catria è causato anche dall’estate siccitosa, che ha inaridito il terreno, creando crepe dove l’acqua si infiltra molto velocemente e solleva intere enormi zolle".

Insomma l’unica arma per non ripetere più queste tragedie non è il tentativo vano di invertire il clima, ma di trattare il suolo e i corsi d’acqua in modo da renderli innocui per l’uomo.