FRANCESCA PEDINI
Cronaca

Moria di cefali sulla costa Adriatica: mucillagine o batterio?

Centinaia di carcasse avvistate anche in stato di decomposizione. La morte potrebbe essere avvenuta anche per soffocamento dato dall’accumulo di una microalga nelle branchie dei pesci

Una carcassa di cefalo spiaggiata nella battigia a Pesaro

Una carcassa di cefalo spiaggiata nella battigia a Pesaro

Pesaro, 20 novembre 2024 – Dopo l’esplosione estiva delle mucillagini e la strage di mitili lungo le coste adriatiche, ecco arrivare una nuova minaccia per l’equilibrio del nostro fragile specchio d’acqua.

Da ormai due settimane, una moria di cefali spiaggiati lungo la costa pesarese sta attirando l’attenzione dei tanti frequentatori della battigia. Decine di muggini, spesso in stato di decomposizione, giacciono sul bagnasciuga, in particolare lungo la spiaggia di ponente, destando interrogativi e qualche allarme.

Il fenomeno, che in realtà ha coinvolto anche gran parte delle spiagge marchigiane, ha coinciso con la presenza di chiazze di mucillagine avvistate al largo nonostante le temperature fresche. Tra i primi a lanciare l’allarme in città, Roberto Malini, studioso e attivista per l’ambiente, che dopo il fenomeno estivo di iperproduzione di mucillagini e la conseguente condizione di ipossia e anossia dei fondali, lancia un monito sull’equilibrio precario degli ecosistemi marini.

Il fenomeno sotto osservazione

Il fenomeno però è sotto stretta osservazione dell’Arpam, che da ormai due settimane sta monitorando la situazione lungo tutto il litorale marchigiano. L’Agenzia regionale per l’Ambiente infatti ha eseguito diversi campionamenti, sia di acqua di mare sia di esemplari di pesci, così da chiarirne le cause della morte.

Il personale tecnico di Ancona e Pesaro ha prelevato campioni di acqua di mare nella zona a sud del Porto di Pesaro, così come a nord e a sud del porto di Senigallia e dalla foce del fiume Cesano alla Cesanella.

Tutte le ipotesi

Sono state raccolte anche le carcasse di due cefali. Dalle analisi eseguite al microscopio ottico è emersa una massiccia fioritura di diatomee, alghe unicellulari che non producono tossine, ma possono provocare la morte per soffocamento in caso di accumulo nelle branchie dei pesci.

Un’altra ipotesi avanzata dagli esperti è che possa trattarsi di un fenomeno ciclico che si verifica nel medio Adriatico, con cui la natura autoregola l’accrescimento della colonia, quando la sua popolazione supera la curva massima di disponibilità di cibo e spazio per continuare a riprodursi. “Alcuni esemplari – fanno sapere dall’Arpam – soprattutto quelli che raggiungono le dimensioni medie per la specie di circa 30-35 cm, debilitandosi, vengono attaccati da un batterio che genera lesioni a carico dei reni e del fegato. Il microrganismo in questione, come da bibliografia, appartiene al genere Pasteurella e causa appunto questo tipo di necrosi nella popolazione dei cefali. Dalle analisi eseguite dall’Istituto Zooprofilattico sul pesce però, non sono state evidenziate eventuali lesioni macroscopiche riconducibili a patologie infettive o infestive”. Il fenomeno dunque resta sotto osservazione.