È morto Giuliano Vangi, un gigante della scultura. Ai Musei Vaticani la sua statua di Wojtyla

Aveva 93 anni ed era malato da tempo. Accanto fino all’ultimo la moglie Graziella. A Osaka un museo a lui dedicato. Sgarbi: "Ora Pesaro gli dedichi una mostra"

Giuliano Vangi accanto a una delle sue opere

Giuliano Vangi accanto a una delle sue opere

Pesaro, 26 marzo 2024 – Si è spento lo scultore Giuliano Vangi. E’ morto nella sua casa di viale Trieste a due passi dallo studio, in via Vaccaj. Quello studio dove concepiva le sue opere che poi a Pietrasanta realizzava: scendeva e saliva le scalette, quando ha realizzato il Cristo per la cattedrale di Seul, come un gatto. Aveva già 90 anni. Poi si stendeva per terra "perché bisogna guardare l’opera da tutte le angolature". E’ morto con accanto la moglie Graziella, la sua ombra e la sua musa, ed i due figli Marco e Dario.

E’ morto un gigante. Vittorio Sgarbi lo ha definito il Francis Bacon della scultura "l’ultimo grande e ora chiamo subito il vicesindaco Daniele Vimini affinché Pesaro, capitale della Cultura, omaggi questo grande artista con una mostra delle sue opere. L’ho conosciuto bene Giuliano Vangi – continua Sgarbi – perché ero con lui quando si inaugurò il museo tutto dedicato alle sue opere ad Osaka in Giappone, e due anni fa organizzai una mostra a lui dedicata al museo di Rovereto. Se ne va l’ultimo grande. Lo omaggi Pesaro e lo omaggi poi anche anche tutta l’Italia".

Erano mesi che Giuliano Vangi, 93enne, stava male per una forma di leucemia. Un degradare che lo ha portato alla morte nel pomeriggio. Come tutti i grandi era modesto: "Non so se io, come altri artisti noti, sono molto più bravo e talentuoso di altri, ma nella vita di uno scultore così come in quella di un pittore, conta molto anche il tuo gallerista, gli incontri e la fortuna...", diceva.

Ma la realtà era un’altra perché a Pietrasanta, nel massimo del suo splendore, dalle finestre, al suo passaggio, commentavano: "E’ Vangi, il nuovo Michelangelo". Una specie di Dio dell’arte era Vangi in Asia. Non solo per il museo tutto suo ad Osaka, ma anche perché le titolari di corporation come le coreane Samsung e Mitsubishi avevano solo lui come riferimento. E lui ci scherzava: "Una è una mia collezionista da tempo e ha mie opere in un’isoletta davanti a Seul, e l’altra che ha voluto una statua che la raffigurasse è venuta in Italia con un aereo privato ed una serie di segretarie ed è stata più di una settimana a posare nel mio studio". Non cose di un secolo fa ma di un paio di anni fa. Cose che raccontava sotto il suo ombrellone nelle giornate d’estate ai bagni Marevivo. Prendeva lo stecchino di un ghiacciolo, spostava la sabbia e iniziava a schizzare quelle che poi diventavano statue come il motociclista feroce che sembrava Coriolano nel campo di battaglia.

Era l’unico artista vivente che non commetteva una eresia rimettendo mano ai luoghi sacri della chiesa. L’unico chiamato dal Vaticano per raffigurare papa Giovanni Paolo II, statua che apre il percorso dei Musei Vaticani. Ha lavorato dentro il duomo di Pisa, in quello di Padova, nella nuova chiesa dedicata a Padre Pio a San Giovanni Rotondo firmata da Renzo Piano, finendo con una gigantesca opera che andava dalle statue, agli arredi fino, alle vetrate nella nuova cattedrale di Seul in Corea. "Non ci vado – diceva – all’inaugurazione perché è un viaggio molto duro e stancante".

Era nato a Barberino del Mugello, Giuliano Vangi, poi aveva studiato all’Accademia di Belle arti di Firenze. Da lì, assieme a Sguanci, era arrivato a Pesaro come insegnante. Poi la partenza per il Brasile, il ritorno, quindi Graziella la donna della sua vita che lo ha inchiodato a Pesaro 50 anni fa. "Qui sto bene le persone sono gentili e nessuno ti disturba", diceva passeggiando per via Branca assieme al suo grande amico, l’architetto Mario Botta. Amava questi luoghi. Ci stava bene e non lo nascondeva benché fosse una città divisa tra l’arte moderna e "quel suo realismo che lui riusciava a traformare e drammatizzare", come dice Sgarbi. Ironia della sorte una delle prime opere la fece per la chiesa di San Giovanni , non piacque. Un Cristo che i fedeli, siccome usciva dall’iconografia classica, non vollero. "Me la ripresi", raccontava ridendo. Ma a città, prima attraverso la Fondazione, ordinò la prima statua sua, quindi quelle che Giancarlo Selci ha dedicato alla moglie davanti ai musei Civici, quindi l’ultima opera commissionata dalla famiglia Bucci in piazzale Matteotti. "I gabbiani, il mare, con il loro volteggiare armonico nell’aria – diceva –. Uccelli che danno anche il senso della libertà quando si librano in cielo". Amava Pesaro ma anche Fano, città per la quale aveva realizzato la fontana dei giardini di Piazza Amiani. Due città, due ipotesi di musei. "Ho ormai tanti anni e non so se avrò poi tempo", diceva pensando alla burocrazia e alle promesse che hanno tempo biblici. Giuliano Vangi è stato ricordato dal sindasco Matteo Ricci e dal vicesindaco Daniele Vimini: "Se n’è andato uno dei più grandi scultori del mondo – dicono –, una figura illuminata. E’ stato testimone prezioso dlela nostra Pesaro 2024, che attraverso il suo lavoro ha contribuito a rafforzarne la strategia, impreziosendola".