Seppellire i cavalli: per i longobardi era una cosa normale

I longobardi seppellivano i cavalli nelle necropoli. È curioso. Quel popolo proveniente dalla Scandinavia – o dalla Germania settentrionale – invase l’Italia nel 568 d.C., condotto da re Alboino. In realtà in Italia quella popolazione c’era già stata altre volte, mercenaria al soldo dello stesso impero romano (d’Oriente), ma non facciamo confusione, ho già messo troppa carne al fuoco, torniamo agli equini.

Esistono diverse necropoli longobarde che presentano deposizioni animali (oltre a sepolture umane). Ogni tanto c’è qualche cane, ma i cavalli andavano per la maggiore. Non fu soltanto quel popolo a manifestare la curiosa tradizione. Il fenomeno è attestato anche in ambito merovingio, a partire dalla metà del V secolo d.C., mentre in Italia si attesterebbe tra il VI e il VII secolo. L’animale è stato rinvenuto in posizione accovacciata, oppure deposto sul fianco e collocato accanto al “cavaliere“, ma in fossa separata. A volte si trovano cavalli con cani e cani con umano.

Gli Avari (non zio Paperone, gli Àvari in quanto popolazione delle steppe europee) sovente seppellivano il cavallo con tutta la sua bardatura, nella stessa fossa del defunto. In Ungheria è stata rinvenuta, invece, una tomba con cavallo e cervo insieme; non facile per gli archeologi trovare una soluzione all’accoppiata. A Spilamberto di Modena sono affiorate tre sepolture equine con cavalli acefali, senza testa, che sicuramente lasceranno correre un brivido lungo la schiena dei lettori di questa stravagante rubrica sul Medioevo. Come interpretare queste usanze “barbariche“? Alcuni etnologi hanno definito gli equini "morti di accompagnamento", utili a traghettare il defunto nell’aldilà. Nessuno, però, è mai tornato indietro per spiegarci questa modalità di gestione della morte.

(puntata 226)

Daniele Sacco