Tra il vecchio palas e l’Arena, che differenza nel tifo

Migration

Egregio lettore tifoso fin troppo gentile, in questi tempi più bastardi che procellosi potrei risponderle con le parole di un poeta che a noi studenti, capendo di poesia proprio come il suo stuchin del port capisce di MotoGp, presentavano sbrigativamente come decadente e crepuscolare, l’avvocato torinese Guido Gozzano, minato fin da giovane dal male che se lo portò via troppo presto: "O figliuolo il meglio d’altri tempi, non era che la nostra giovinezza!". La giovinezza era proprio il bello anche di quel "sesto giocatore" che ribolliva sui tavoloni del vecchio Palasport, sudando e faticando almeno quanto quelli che stavano in campo a cercar di buttare il pallone dentro il canestro. La bellezza dei tempi che furono autentici è che non torneranno mai tranne che sotto le sembianze di altri giovani che oggi sbraitano sulle tribune del nuovo megapalazzo dello sport assolutamente certi di essere a loro volta il "sesto giocatore" della Vuelle di oggi. Con una fondamentale differenza: una cosa è urlare come pazzi in un posto che già metteva impressione un po’ del suo, com’era in viale dei Partigiani, col pubblico che pareva la ciurma di una nave pirata, un’altra è urlare nei saloni del grand hotel con gli addetti alla sicurezza pronti a fermare gli eccessi. Si mantenga.