Pesaro, 10 aprile 2022 - Sembrava sparito dal quadrante della storia. Invece c’è e batte forte. E’ il comunismo, in questo caso geneticamente modificato. Perché non punta più alla libertà del proletariato ma chiede più Frecciarossa per tutti a patto che corra fuori dalle mura cittadine. Siccome Pesaro ha ottenuto dal Ministero delle Infrastrutture di deviare la ferrovia lontana dal centro per un progetto risalente al 2019, che permette di eliminare due strozzature della linea all’altezza di Santa Maria delle Fabbrecce facendo risparmiare 5 minuti, adesso è nato il collettivo marchigiano di chi si sveglia tardi e cerca di infilarsi al tavolo della colazione quando sono esauriti da ore latte, caffè e biscotti.
Protestare è legittimo, ma dire che non poteva far colazione nemmeno quello che si è svegliato prima, appare velleitario. Capita a volte di sentirlo tra i bambini della scuola materna, ma col crescere è un atteggiamento che si supera. Con un’eccezione: le Marche, dove l’assessore regionale ai trasporti Francesco Baldelli ha fatto una piroetta veloce nel giro di quindici giorni passando dall’approvare in Commissione l’arretramento della ferrovia a Pesaro (ci sono le registrazioni del suo sì) al "no a Pesaro" perché si andrebbe a danneggiare gli altri comuni costieri che vogliono lo stesso risultato. Un comunismo alla rovescia, miseria per tutti, che stiamo meglio. Così un 1,8 miliardi di euro già finanziati sia per Pesaro, snodo di Falconara, Osimo, Porto Recanati, Civitanova e Porto d’Ascoli, li rimandiamo al mittente dicendo che a noi non servono, perché ci piace soffrire.
Una strategia sicuramente vincente per essere asfaltati da qualunque governo da qui ai prossimi cent’anni. In compenso passeremmo alla storia come Celestino V, il Papa del gran rifiuto. Dante lo colloca tra gli ignavi, a noi ci lascerebbe direttamente fuori dalla trama perché imperdonabili nei secoli, anche per il Sommo Poeta.