Elezioni Emilia-Romagna, Bonaccini pronto al bis. "Alleanza civica, ricetta per vincere"

Intervista al presidente alla vigilia di ballottaggi di peso. "La Lega non si illuda, le prossime regionali sono ancora tutte da scrivere"

Stefano Bonaccini, 52 anni, è in carica dal dicembre 2014

Stefano Bonaccini, 52 anni, è in carica dal dicembre 2014

Bologna, 6 giugno 2019 - Matteo Salvini, nel tour pre ballottaggi da Castelfranco Emilia a Mirandola, da Ferrara a Cesena e Forlì, ha aperto la campagna d’Emilia. Il bersaglio grosso è la Regione. Tre dati di fatto: la regione è contendibile. La Lega alle Europee è diventata primo partito della regione. Alle amministrative i candidati Dem, però, hanno avuto la meglio. 

Presidente Bonaccini, lei ha dichiarato la sua disponibilità a correre per un nuovo mandato. Le fa onore, visto il clima da ultima spiaggia. «Ma quale ultima spiaggia? Il risultato alle amministrative è ben diverso da quello delle europee, e il centrosinistra ha vinto nell’80% dei Comuni emiliano romagnoli. Mentre il risultato delle prossime regionali è ancora tutto da scrivere. Consiglio alla Lega un po’ di umiltà».

E a se stesso? «Me la consiglio ogni giorno».

Non può negare che la regione è contendibile e che Salvini ci sa fare.  «Non ho mai sottovalutato Salvini e la Lega. Un consenso personale, però, che qui in Emilia-Romagna lo ha portato a oscurare i suoi candidati: esiste solo lui, come se la classe dirigente che la Lega esprime sul territorio da sola non ce la facesse». 

Suvvia, se la Lega è il primo partito avrete sbagliato qualcosa. Una parola: la sicurezza.  «Può essere, ma il successo di Salvini e del sovranismo in tutta Europa è anche l’esito di un dato storico: per la prima volta c’è una generazione consapevole che starà peggio di chi l’ha preceduta, i figli peggio dei padri e dei nonni. Bisogna avere la forza e la capacità di ascoltare e parlare alle persone, senza far leva solo sulle paure e agitare lo spauracchio di nuovi muri e confini». 

Cosa succede se domenica vincerete o perderete in città importanti come Ferrara o Forlì? «Non cambierà il quadro politico per le regionali, né in un modo né nell’altro. Sia chiara una cosa: le prossime regionali non saranno un referendum su Salvini».

Saranno un referendum su Bonaccini. «No, neppure. Il terreno di gioco è sul buon governo dell’Emilia-Romagna, sui risultati raggiunti, sulla credibilità delle persone, sui programmi».

Lo dicono tutti in ogni campagna elettorale. «Gli emiliano-romagnoli vogliono guardare in faccia le persone a cui danno fiducia, qui bisogna metterci la faccia stando sul pezzo dalla mattina alla sera. I nostri sindaci hanno vinto così».

Lei è disposto a correre, il Pd quando prenderà formalmente una decisione? «Confermo la mia disponibilità. Credo che tutto sarà definito entro l’estate. Sono tranquillissimo».

La tranquillità basterà a vincere, il Pd basterà a se stesso?  «Per vincere serve una grande alleanza che attorno al Pd raccolga la sinistra da un lato e il centro moderato dall’altra, guardando alle tante esperienze civiche e ai sindaci sul territorio». 

La strada Pizzarotti, insomma. Ma non è che abbia brillato. «Pizzarotti e non solo. Ma preferisco parlare di cose concrete, dei problemi delle persone, non di politicismi e formule algebriche che non interessano a nessuno». 

Certe formule, però, portano al governo.  «Poi però bisogna avere un programma e governare. Guardi l’Italia, è da un anno che siamo fermi».

Su cosa punterà per convincere a darvi il voto? «Sul lavoro, sulla crescita sostenibile, sul potenziamento dei servizi sociali e sanitari».

Sulla Sanità Salvini è già partito all’attacco accusandovi di avere chiuso troppi ospedali. «La sanità emiliana è tra le prime in Europa, lo sanno tutti, a partire dal Governo che ci ha indicato come Regione benchmark, cioè fra quelle da prendere a riferimento. E qui gli ospedali li costruiamo nuovi o ampliamo quelli esistenti. Poi, certo, vogliamo fare ancora meglio, a partire dai pronto soccorso, che vanno resi più accoglienti, tagliando i tempi d’attesa, come abbiamo fatto per visite ed esami». 

Lei dice lavoro e ambiente, conta sul successo dei partiti verdi negli altri paesi europei? «È certo che siamo di fronte a una sensibilità nuova, soprattutto fra i giovani, che giustamente chiedono nuove risposte. Ma non siamo all’anno zero. In Emilia-Romagna la raccolta differenziata è arrivata nel 2018 al 68%, e abbiamo fatto una legge per il consumo di suolo a saldo zero. Ma dobbiamo fare di più, lavorare a fondo sulla qualità dell’aria e sulla mobilità e liberarci dalla plastica: dobbiamo diventare la prima regione plastic free, evitando l’uso della plastica negli uffici pubblici, nelle aziende sanitarie, nelle scuole». 

L’Emilia-Romagna è diventata la seconda manifattura d’Italia. Questo non cancella il fatto che i morsi della crisi anche qui hanno fatto male.  «Abbiamo portato la disoccupazione dal 9 al 5,9%, diventando prima regione in Italia per Pil, crescita ed export pro-capite, oltre ad attirare investimenti di grandi gruppi italiani e stranieri. Ma ci sono molte situazioni di sotto occupazione e sotto retribuzione inaccettabili. La strada è quella già intrapresa del Patto per il lavoro, insieme a tutte le parti sociali». 

Torniamo alla politica. Si è parlato dell’ipotesi di una lista Bonaccini. Le piace ancora l’idea? «Una lista del presidente potrebbe essere una buona cosa».

Il civismo ha vinto, a volte, a livello cittadino. Il voto regionale è un voto anche politico. Perché dovrebbe funzionare? «Perché serve un progetto concreto di governo, con persone credibili e un programma all’altezza dell’Emilia-Romagna. Come ho detto, non farò mai a Salvini il regalo di trasformare il voto per il buon governo di questa regione in un referendum sul populismo. Lo dico anche a chi ha votato 5 Stelle».

È un appello? «No, non faccio appelli».

Vede possibile un’alleanza con il movimento 5 Stelle? «Non vedo le condizioni, ma dobbiamo parlare a chi ha votato M5S e non si riconosce nella Lega: in Emilia-Romagna non sono pochi». 

Presidente, il Pd di Zingaretti parla più alla sinistra-sinistra che al centro. Dove si incrociano i due percorsi?  «Zingaretti guarda anche al centro, tanto che ha candidato Calenda, veda lei... Per il Pd è indispensabile costruire un nuovo centrosinistra largo e plurale. Se perderemo in Emilia-Romagna cadrà un baluardo, ma se vinceremo, e io credo che vinceremo, allora avremo indicato una direzione nuova e chiara anche per l’Italia».