Gli ipocriti e gli zingari

di Andrea Cangini

BALZA agli occhi e colpisce allo stomaco un’evidente cesura tra discorso pubblico e confidenza privata. Tra quel che si dice e quel che invece realmente si pensa. Può, ad esempio, capitare di ritrovarsi in un civilissimo e gradevole consesso serale di buona, anzi ottima società bolognese e lì ascoltare un noto “progressista” scandire senza remore, suscitando generale approvazione, parole del tipo: «Ci mancavano solo gli zingari». Dice proprio così: in spregio al politicamente corretto, dice “zingari”. E lo dice scuotendo la testa. In vista della manifestazione nazionale di Rom e Sinti che si è svolta ieri a Bologna, paventa dunque «un’ondata di borseggi» e si rasserena solo quando annuncia che «tanto noi il fine settimana lo trascorreremo a Cortina». Mai e poi mai direbbe in pubblico quel che dice in privato. In pubblico, il noto progressista direbbe un gran bene della manifestazione, esalterebbe la virtù «dell’accoglienza» e, aggredendo «i pregiudizi strumentalmente alimentati» dei Salvini e delle Meloni, sosterebbe che «siamo tutti uguali». Lo farebbe, l’ha già fatto. C’è molta ipocrisia, nella società bolognese.

QUELL’ANTICA tendenza a smussare gli angoli, conciliare gli opposti evitando con cura di assumere posizioni nette, quel saper stare al mondo che nei secoli ha rappresentato la principale virtù di chi vive in Emilia e in particolar modo di chi nasce in questa splendida e ospitale città, ne rappresentano oggi il limite più evidente. Non c’è chi, ad esempio, in privato non dica peste e corna del sindaco in carica. Ma gli stessi che nel chiuso dei palazzi ne sostengono l’inadeguatezza, in pubblico preferiscono tesserne le lodi. I più arditi, mordendosi le labbra, si trincerano nel silenzio. E lì, inesorabili, tacciono. Tacciono in attesa di capire come andranno le cose e se Virginio Merola verrà poi davvero ricandidato. Merola che, dopo aver ribadito che Bologna è tradizionalmente città aperta e accogliente, s’è poi ben guardato dal partecipare alla manifestazione “degli zingari”. Si presume ritenendolo impopolare.

SAREBBE bello, sarebbe utile, che come per incanto le maschere cadessero. Sarebbe bello, sarebbe utile, che si cominciasse a dire in pubblico quel che si sussurra in privato. Parlare degli “zingari”, parlare di Merola, parlare delle loro peculiarità senza nulla concedere al politicamente corretto o alla convenienza personale. Una città come Bologna, sempre più «immersa in un lago ghiacciato», come la descrisse un decennio fa il poeta Roberto Roversi, ha un disperato bisogno d’essere messa di fronte alla verità. Ha bisogno di un dibattito aperto e intellettualmente onesto. Ha bisogno di un sindaco autorevole e forte di forza propria. A giovarsene sarebbe l’intera regione. La società è sana; ripiegata su se stessa, ma sana. Le personalità non mancano, quel che manca è il coraggio di esporsi. Di dire in pubblico quel che si dice in privato.

di Andrea Cangini