Ravenna: tornano i ’Lòm a Mêrz’, i fuochi della tradizione contadina

La prossima settimana una serie di appuntamenti nelle campagne.

Tornano i ’Lòm a Mêrz’, i fuochi della tradizione contadina

Tornano i ’Lòm a Mêrz’, i fuochi della tradizione contadina

Si accendono di nuovo le notti di fine febbraio e inizio marzo con il ritorno dei Lòm a Mêrz: ’Mezzadria, una lunga storia di gente comune’ è il titolo scelto per l’edizione 2023, la ventitreesima dopo la rinascita della tradizione decisa nel 2000, che anticipa l’arrivo della primavera con l’accensione dei falò propiziatori. "Negli ultimi tre giorni di febbraio e nei primi tre di marzo – spiega Lea Gardi, presidente dell’ente organizzatore, l’associazione ‘Il lavoro dei contadini’ – questa tradizione portava le persone a radunarsi nelle aie, intonando canti e danzando intorno ai fuochi, mangiando, bevendo e soprattutto divertendosi". Dopo il tramonto, dal 26 febbraio al 3 marzo, l’accensione dei fuochi nelle aie delle tenute agricole avrà luogo in varie frazioni delle campagne faentine e in quelle di altri comuni della Romagna. Il programma prevede trentuno eventi durante le sei giornate dedicate ai fuochi, disseminati nelle aie di aziende agricole e agrituristiche, in ristoranti e altri luoghi della cultura rurale. Fra le aziende agricole, gli agriturismi e i luoghi della cultura coinvolti figurano la Tenuta Nasano a Riolo Terme, Rio Manzolo a Villa Vezzano, la Torre di Oriolo, Il Roccolo sul colle della Serra a Castel Bolognese – tutti protagonisti nella giornata di apertura del 26 febbraio – ma anche Il contadino telamone, a Reda (dove i falò verranno accesi il 27 e il 28 febbraio, oltre che il 1° marzo), la Tenuta Masselina di Castel Bolognese (protagonista il 2 marzo), oltre a varie scuole primarie del territorio, dove si terranno incontri sulla storia dell’agricoltura in Romagna.

Focus dell’edizione 2023 è appunto la mezzadria, forma di contratto un tempo molto diffusa in questa parte d’Italia, la quale prevedeva che il proprietario mettesse a disposizione un’abitazione e il proprio terreno al contadino – il mezzadro, appunto – che la doveva coltivare con il contributo del resto della famiglia, in cambio della metà dei prodotti raccolti. Una prassi proseguita per molti secoli fino a relativamente pochi decenni fa, che ha a tal punto plasmato il territorio del nord Italia dal punto di vista geografico da aver lasciato tracce tuttora visibili perfino nelle immagini satellitari: le campagne delle tre province appaiono ancora oggi punteggiate da un popolamento sparso dal territorio. Riflessioni che saranno sviluppate, fra le altre, in occasione dell’incontro che chiuderà la rassegna, alla Sala Bigari di Palazzo Manfredi, venerdì 3 marzo, alle 18. Al termine dell’incontro, presso la Galleria della Molinella, sarà inaugurata la mostra ‘Da bur a bur’, dall’espressione romagnola che corrisponde a una giornata di lavoro cominciata all’alba e terminata al tramonto.

f.d.