Era bravo in disegno già da bambino e poi seguendo il padre che lavorava alla fornace imparò presto anche a modellare la creta. Che quell’allievo irrequieto e caparbio avesse la stoffa dell’artista lo aveva ben compreso un suo insegnante, l’indimenticato scultore Angelo Biancini da cui aveva assimilato stile ed essenzialità: da tempo il nome di Adriano Fava e le sue opere sono inserite nell’annuario Bolaffi e nei più qualificati cataloghi internazionali sia come pittore sia come scultore e ceramista, opere sue sono nel principato di Monaco nella dimora di Alberto Ranieri che conobbe quando a Cortina si allenava per le gare di ‘bob a 4’, sono state esposte alla Modern Art Gallery di New York, hanno fatto parte delle mostre organizzate da rinomati galleristi nazionali. La storia di Fava è da una parte quella di un periodo aureo, gli anni fine Cinquanta inizio Sessanta, dell’Istituto per la ceramica Ballardini di Faenza, dall’altra quella di un artista che, pur con tanto di diploma da docente, non ha mai voluto insegnare preferendo dar corso incondizionato al proprio estro che negli anni ha messo anche al servizio di un progetto per costruire una scuola per ceramisti a Malè, alle Seychelles, sua seconda patria. L’ultima mostra è del mese scorso al ‘Private Banking’ della Cassa a Ravenna.
Lei ha scelto di vivere facendo l’artista anziché avere un lavoro sicuro come docente.
"E a pensarci oggi sono pentito. Non dico che ho fatto i salti mortali, ma quasi. Quando per fare una mostra a Cortina dove ho esposto per anni, inverno ed estate, occorrevano venti milioni di lire, beh, sono poi anche da incassare con la vendita dei quadri! Fortuna che chi frequentava Cortina, allora come oggi, era gente che non ci metteva tempo a firmare assegni se vedeva un quadro che piaceva".
E allora perché scelse di non andare a insegnare?
"A 84 anni si ha un quadro completo, a venti no, oggi dico di aver sbagliato, ma avessi vent’anni rifarei tutto. A insegnare sono bravi tutti, mai visto un docente licenziato? Guadagnare da vivere facendo quadri o ceramiche non è da tutti e io volevo essere fra quelli che ci riuscivano. Ce l’avevo in testa fin da ragazzo. E ci sono riuscito".
La caparbietà non le è mai mancata, anche a scuola. È famoso l’aneddoto della sua opera ‘Fuga in Egitto’.
"Ero studente, avevamo finito il programma e io mi misi in testa di riprodurre in una formella in ceramica il celebre affresco di Giotto, Fuga in Egitto. Alcuni dei miei insegnanti cercarono di dissuadermi, ’fatica inutile’ dicevano, ’non ci riuscirai mai’. Si sbagliavano. Ci sono riuscito e la scuola rimase entusiasta!"
Intende l’istituto d’arte Ballardini di Faenza…
"L’ho frequentato per otto anni, i cinque ordinari più i tre di magistero per il diploma con cui avrei potuto insegnare e che ho conseguito nel 1963, a 23 anni. E ho avuto anche un attestato di migliore allievo! Una scuola fantastica, con docenti di primo ordine, lo scultore Angelo Biancini, il direttore Tonito Emiliani, il ceramista e scultore Carlo Zauli e altri. Biancini mi aveva preso in simpatia, era protettivo nei miei confronti, avevamo caratteri affini, aveva compreso le mie capacità, mi lasciava fare, interveniva solo quando esageravo".
Biancini era un artista molto amato dai papi Roncalli e Montini, tante sue opere sono in Vaticano…
"Era amico dei Papi e anche di Fanfani… Lo guardavo quando a scuola modellava le sue opere e questo ha influenzato il mio stile, soprattutto quello del periodo picassiano. Biancini insegnava lavorando e con il sigaro fra i denti…"
Quando e come ha scoperto la vocazione per l’arte?
"Ero ancora bambino, quando tornavo a casa da scuola, dall’Avviamento, anziché andare a mangiare mi fermavo in cortile a disegnare e a modellare l’argilla che prendevo dalla fornace dove lavorava il babbo, Giuseppe, e io l’andavo a trovare; e la mamma, Anita, o mia sorella, Anna Maria, più grande di me di quattro anni, ogni volta erano costrette a venire a prendermi. Fu un’insegnante dell’Avviamento a iscrivermi all’Istituto Ballardini".
Al passaggio del fronte, nel 1944, lei aveva quattro anni. Ricorda qualcosa?
"Abitavamo in centro a Russi. Ricordo che i militari tedeschi venivano a prendermi per portarmi al cinema. Abitavamo di fronte. Ma accadde anche che arrestassero il babbo, la mamma andò a implorarli, lo lasciarono libero. Gli altri rastrellati li ammazzarono, lì a Ragone".
In un volumetto degli anni 90 a lei dedicato, i suoi compagni di scuola ricordano che fu il primo studente a ritrarre una modella nuda…
"Credo fosse il ‘60, il nudo allora era tabù e a maggior ragione a scuola, ma non per me… Ricordo che ci fu un consulto fra i docenti, Biancini espresse un giudizio positivo, se ne uscì dicendo… ’Embè, sa saral mai...’, ma il direttore Emiliani, molto severo, lo considerò indecente e pretese che venissero messe delle strisce di carta sopra ai seni e al pube. Il disegno, così censurato, rimase esposto nell’aula di Decorazione".
E lei ne approfittò! L’opera per la sua tesi era piena di nudi femminili…
"Un grande pannello in ceramica, l’avevo chiamato ’Night Club l’Inferno’, richiamandomi all’Inferno dantesco: c’era Caronte che trasportava le anime, nove scalini per scendere alla pista da ballo dove c’erano donne nude e civette. Una tesi che fece scalpore, Biancini si congratulò pubblicamente".
Una curiosità, in classe con lei c’erano ragazze?
"Se c’erano!? Erano ben in 18 e noi maschi solo tre!"
E dopo la specializzazione cosa fece?
"Intanto, come dicevo, non andai a insegnare, per un po’ feci il consulente artistico e disegnatore industriale, ma nel frattempo mi ero costruito un forno, a casa, e avevo cominciato a modellare opere in ceramica: gatti, cavalli, pavoni, figure geometriche. Ci furono le prime mostre, ma presto compresi che per vivere occorreva anche dipingere…"
I suoi quadri di allora, siamo nei primi anni Settanta, ricordano grandi pittori: Picasso, Matisse, Gentilini…
"Comunque filtrati da Biancini… Quadri su tela, olio e acrilico, ma anche dipinti su formelle di ceramica con la tecnica della xerigrafia. Nel tempo conobbi alcuni importanti galleristi e cominciai ad esporre a Cortina, due volte all’anno, a Bologna, a Milano, Caserta, Padova, Firenze, in Belgio. Nel ‘75 allestii una mostra alla Modern Art Gallery e a Cortina, a fine anni 80 conobbi il giovanissimo principe Alberto Ranieri di monaco (nella foto della prima pagina, ndr), si allenava per il bob a 4, per le olimpiadi. Uno dei miei quadri è finito nel museo del Principato".
Se non erro lei è ben conosciuto anche alle isole Seychelles…
"Ci andai per la prima volta nel 1988 e per vent’anni ho trascorso lunghi mesi a Malè. Portai anche un piccolo forno per cuocere la ceramica. Da una parte i colori dell’ambiente, del mare, delle spiagge, influenzarono molto e per lungo tempo i colori delle mie opere, dall’altra la curiosità delle persone mi indusse a collaborare con il governo locale per una scuola di ceramica per i bambini".