Alfa Garavini morta a Ravenna: fondò la grande Olimpia Teodora

E' stata la prima first lady del volley italiano e fu fondatrice della Teodora Ravenna con cui vinse 11 scudetti

Alfa Garavini, fondatrice e presidentessa del Ravenna Volley

Alfa Garavini, fondatrice e presidentessa del Ravenna Volley

Ravenna, 30 ottobre 2022 - Stanotte è morta a Ravenna all'età di 97 anni Alfa Casali Garavini, prima first lady del volley italiano e fondatrice e presidentessa della famosa Olimpia Teodora. Con lei la Teodora Ravenna vinse ben 11 scudetti di fila.

La leggenda Olimpia è nata nel 1965, ma i germogli affondano le radici durante la guerra. "Ho frequentato le magistrali - disse la presidentessa durante un'intervista al Carlino per i suoi 90 anni -, ma quando venne il momento di dare l’esame di quarta, scoppiò la guerra. Era il giugno del 1940. Fino al ’43 restammo in città, poi la decisione fu quella di sfollare a Boncellino, vicino al Lamone. Leggevo i giornali e capii che il fronte stava avanzando proprio su quel versante. Convinsi mia madre a tornare in città, e fu la nostra fortuna perché, dopo poche settimane, nel novembre del ’44, il fronte fece la strada proprio dove abitavamo noi".

"All’inizio perdevamo sempre - disse ancora Alfa Casali Garavin -. Dal ’65 al ’72 le sconfitte si sono succedute una dietro l’altra, un vero disastro". Poi "ho subito una mazzata incredibile. Nel ’72 persi mio marito Bruno. Era giovanissimo, aveva 51 anni. Era rappresentante di macchine movimento terra. Fu lui che scoprì negli Stati Uniti il bobcat e che lo portò in Italia. E fu lui, di tasca sua, il primo sponsor dell’Olimpia, perché allora non c’era praticamente una lira. Ho vissuto con lui 25 anni straordinari, poi in tre mesi il male se lo è portato via. Era appassionato, mi seguiva con complicità, ma non ha avuto nemmeno la gioia del primo scudetto giovanile Csi del ’73. Io avevo 47 anni e pensavo che non ce l’avrei fatta a rifarmi. Avevo anche due figli giovani, Nanni e Claudio".

"Ho sempre guidato la società come se fosse la mia famiglia, ovvero senza eccessi. Le giocatrici guadagnavano molto meno rispetto a tutte le altre colleghe del campionato italiano, ma volevano restare qui. Questo ‘tono’ familiare, di una società ridotta all’osso con una presidentessa, un direttore sportivo e un allenatore, è stato oggetto di critiche, ma poi si sono dovuti ricredere tutti, e il nostro modello diventò da imitare".