
Una paziente durante la visita. in un ambulatorio (foto dal sito della Caritas)
La recente approvazione al Senato del disegno di legge che rende finalmente universale l’accesso al medico di medicina generale è stata occasione, ieri mattina, al Palazzo del Podestà, per un convegno sulla salute quale diritto universale e, più nello specifico, sull’esperienza degli ambulatori solidali; quello faentino nacque nel 1997 (si trova in via D’Azzo Ubaldini; In questi quindici anni non è mai venuta meno, tre volte alla settimana, la presenza di medici e infermieri volontari, alcuni pensionati, altri ancora in attività, tutti soci dell’Associazione Farsi Prossimo). Un’avventura che comincia nella semi-clandestinità, come ricorda l’assessore al Welfare Davide Agresti: "In passato si era dovuto ricorrere alla disobbedienza civile per garantire l’assistenza del medico di medicina generale a chi se lo vedeva negato dalle norme vigenti". Da allora fortunatamente molte cose cambiate, così come sono evoluti i tempi rispetto a quando la Caritas locale diede vita, nell’ambito del suo centro d’ascolto, al suo ambulatorio solidale cittadino.
A ricordare quell’esperienza è Gabriella Reggi, oggi volontaria di Farsi Prossimo e allora attiva come medico. "All’inizio i pazienti che arrivavano erano soprattutto giovani magrebini o senegalesi che lavoravano in città – rievoca Reggi –. Poi arrivarono qui anche molte donne impiegate come badanti. La platea si allargò ulteriormente, e in maniera massiccia, nel 2011, quando le guerre civili in Libia e in Siria innescarono l’inizio della crisi migratoria che ebbe poi il suo picco alcuni anni dopo". Nel frattempo l’attività dell’ambulatorio si era progressivamente allargata, arrivando a collaborare con l’Ausl e con le farmacie, per poter accedere ai medicinali donati dai cittadini".
La legislazione ha fatto da allora progressi. Delle quasi 200 nazioni "140 contemplano nella loro Costituzione la salute quale un diritto universale", spiega la direttrice del distretto sanitario Donatina Cilla, ma non è sempre facili tradurre le leggi di una Repubblica in servizi a disposizione di tutti. E’ Antonella Mastrocola, direttrice del dipartimento Salute mentale ravennate per l’Ausl Romagna, a tracciare una panoramica dei diritti in fatto di sanità per chi non è cittadino della Repubblica: "I progetti regionali Starter e Icare si sono appunto prefissi di far diventare realtà il diritto alla salute anche per migranti e rifugiati, il che prevede un’attenzione particolare al loro vissuto, alle esperienze trascorse, che possono essere state caratterizzate da torture, percosse, traumi emotivi, benché sia importante ricordare che sono i fattori post-migratori a fare la differenza, ecco perché è doppiamente importante garantire il diritto alla salute. Dal 2021 l’Ausl ha un gruppo di lavoro multidisciplinare con specialisti in Cure primarie, Salute mentale, Ginecologia, Ostetricia, Pediatria, Igiene pubblica, affiancati da un mediatore culturale.
Filippo Donati