REDAZIONE RAVENNA

Bottega Morigi da 50 anni. Una mostra per festeggiare

Faenza, l’esposizione ‘Caos e il suo contrario – Materia animata’ è allestita nella chiesa di Santa Maria dell’Angelo e curata da Giovanni Gardini.

Mirta Morigi con la figlia Gaia e le storiche collaboratrici Edda, Serena ed Erika

Mirta Morigi con la figlia Gaia e le storiche collaboratrici Edda, Serena ed Erika

Cinquant’anni di Mirta Morigi, o meglio della sua bottega. Tanto è il tempo trascorso da quando la decana della ceramica faentina varcò per l’ultima volta il portone dell’istituto d’arte Ballardini, con un diploma in mano e il desiderio di aprire un suo atelier: correva l’anno 1973, la ceramica faentina era un mondo quasi interamente al maschile, in cui giganteggiavano le figure di Carlo Zauli e Angelo Biancini, la Cina aveva schiuso le sue porte al mondo appena da qualche mese. Mirta Morigi è oggi protagonista della mostra ospitata nella chiesa di Santa Maria dell’Angelo ‘Caos e il suo contrario – Materia animata: morfogenesi Morigi, il cinquantenario’, curata dal vicedirettore del Museo diocesano Giovanni Gardini. Mezzo secolo dopo quel fatidico 1973 la bottega di Mirta Morigi è sempre nella piazzetta di via Barbavara dove nacque allora: un microcosmo al femminile in cui è affiancata dalla figlia Gaia Leonardi e dalle storiche collaboratrici Edda Tarroni, Serena Drei ed Erika Morigi, esponenti di una delle ultime generazioni di diplomate al Ballardini a essersi effettivamente lanciata nella "vita di bottega", come la chiama Morigi, professione oggi spesso svolta da artisti approdati a Faenza da altre città o nazioni. Sono loro le menti e le mani dietro la vastissima ed eclettica produzione della bottega, nota soprattutto per la sua riflessione decennale sulle forme viventi come rettili, anfibi e felini, ma non solo.

Alla presentazione della mostra sono arrivati come in pellegrinaggio molti degli artisti arrivati a Faenza in questi giorni per il festival internazionale dedicato alla ceramica ‘Argillà’. L’asturiana Nuria Pozas Corredera e l’iraniana Shohreh Haghighi trovano posto in sala ritagliandosi un metro quadrato di pavimento in cui sedersi, ascoltando rapite il racconto dell’epopea della ‘decana’. Le due più giovani fra le ceramiste coreane ospiti al teatro Masini domandano timidamente alle colleghe più mature se la protagonista della mostra sia davvero la signora la cui risata travolgente sembra scuotere le pareti della chiesa: "È proprio lei", confermano, la notizia viene accolta con solo un lieve arrampicarsi del sopracciglio lungo la fronte. Perfino il muro dell’orientale compostezza non tarda però a venire abbattuto: trascorre una manciata di minuti prima che anche la delegazione coreana si faccia travolgere, fra un selfie e l’altro, dagli abbracci e della esclamazioni di Mirta. E pazienza se nel vortice festivaliero l’obiettivo degli smartphone arrivati da oltreoceano non incontra le opere per cui è maggiormente noto il luogo, e cioè le piramidi del Borromini che affiancano l’altare della chiesa: ‘Argillà’ è lunga, ci sarà tempo anche per un tuffo nel Barocco, sembrano confermare con baltica sicurezza dei propri mezzi Aivars Baranovskis e Valentins Petjko, curatori della mostra ‘Baltic Connections’ e da alcuni giorni a zonzo per le vie della città. Nel frattempo passa già di mano in mano il cuore rosso di ceramica che Mirta Morigi ha invitato tutti i visitatori a tenere fra le dita, facendosi fotografare su una poltrona allestita per l’occasione in una delle due sale della mostra: "Voglio che questo cuore batta fra le mani di tutti".

Filippo Donati