REDAZIONE RAVENNA

Eredità da 168 mila euro. Assolti, testamento buono

Sotto accusa la badante e il suo compagno per circonvenzione d’incapace oltre alla notaia che aveva redatto il testamento nel suo studio di Lugo.

Eredità da 168 mila euro. Assolti, testamento buono

Quel testamento da 168 mila euro andava bene. Così in buona sostanza ha deciso il giudice Cristiano Coiro assolvendo ieri mattina tutti gli imputati "perché il fatto non sussiste". Un’assoluzione piena che ha investito sia la badante dell’anziano protagonista del caso che il compagno di lei accusati di circonvenzione di incapace in concorso aggravata dal danno patrimoniale rilevante (sono una 59enne slovacca e un 54enne di Fusignano entrambi residenti a San Lorenzo di Lugo e difesi dagli avvocati Silvia Alvisi ed Elisa Conficconi). E una notaia 49enne di Ravenna accusata di avere compilato nello studio Lugo un atto falso (avvocato Ermanno Cicognani). La procura, al netto del dibattimento, aveva chiesto la condanna dei primi due a un anno e mezzo di reclusione e l’assoluzione per la terza.

Il cospicuo asse ereditario comprendeva l’immobile dove viveva il defunto e i contanti che custodiva in banca. Tutto andato alla badante e al compagno grazie a un testamento vergato davanti alla notaia il 13 febbraio 2017, cioè giusto pochi mesi prima del decesso.

Le indagini erano scattate dalla denuncia della nipote dell’anziano residente a Pianoro, nel Bolognese, e parte civile con l’avvocato Stefano Dalla Valle. Lo zio, che viveva a Fusignano, era morto a fine 2017 poche settimane dopo avere compiuto i 90 anni. Ex militare in congedo, con una buona pensione, senza figli e senza vizi, era riuscito ad accumulare un tesoretto. Tuttavia, a causa degli acciacchi legati all’avanzare dell’età, già dal 2007 aveva dovuto reclutare una colf, la slovacca appunto, poi dal 2010 diventata badante.

L’anziano del resto non riusciva praticamente più a deambulare e, a causa di problemi all’udito, non riusciva nemmeno a interagire correttamente con il telefono in quello che si era inevitabilmente trasformato in un progressivo isolamento.

La nipote di Pianoro era rimasta tra i pochi contatti. Dopo la morte del 90enne, aveva appreso dalla badante che esisteva un testamento: una circostanza che le era parsa strana. Nel 2019, forte di una consulenza medico-legale, aveva così deciso di chiedere chiarimenti. Le indagini della guardia di Finanza, coordinate dal pm Marilù Gattelli, avevano scandagliato varie testimonianze approdando infine nello studio notarile dal quale il testamento era uscito. Il punto, per l’accusa, stava nelle capacità del 90enne: l’uomo era "affetto da scompenso cardiaco in involuzione cerebrale – si legge nella richiesta di rinvio a giudizio – condizione che causava uno stato di vulnerabilità particolare". Ovvero che lo portava a "prendere decisioni che in condizioni psichiche di base non avrebbe assunto". Per la difesa della notaia invece, un vaglio di quel tipo non sarebbe stato possibile: e comunque il 90enne in questione era capace indipendentemente dalle patologie che lo affliggevano, come peraltro sarebbe emerso da varie testimonianze: comprese quelle del medico di base e di un impiegato di banca.

Per quanto riguarda la difesa della badante, tra le altre cose ha valorizzato un certificato del medico base di fine novembre 2016 nel quale si attesta come l’anziano fosse in grado di intendere e volere. Le motivazioni della sentenza verranno depositate entro 90 giorni.

a.col.