REDAZIONE RAVENNA

Il rogo alla tipografia. Ci sono cinque indagati. Nei guai pure due avvocati

Per la procura le fiamme furono dolose, con inneschi in tre punti. Le accuse a vario titolo sono di incendio e turbativa d’asta.

Il rogo alla tipografia. Ci sono cinque indagati. Nei guai pure due avvocati

Il giorno dopo davanti al notaio era prevista l’apertura delle buste relative all’asta per la vendita dell’immobile. Prezzo base 350 mila euro a fronte di un valore stimato da apposita perizia in 900 mila euro. Tuttavia, con alquanto sospetta coincidenza, un incendio lo aveva nottetempo parzialmente devastato. Dopo qualche mese la consulenza affidata dalla procura, aveva stabilito che era di natura dolosa il rogo che a cavallo tra il 17 e il 18 ottobre 2023 aveva colpito quella che in via Giulio Pastore 1 (zona Bassette) era stata in passato la sede della storica ‘Tipografia Moderna’.

Uno scenario che in conclusione d’indagine ha ora restituito un ulteriore sussulto: sono cinque le persone a cui è stato notificato l’apposito avviso. Due devono rispondere di incendio in concorso. E tutte di turbativa d’asta continuata e in concorso per via della melina - si direbbe in gergo calcistico - che secondo la procura avevano imbastito per impedire che l’immobile finisse all’incanto. Tra gli indagati figurano pure due avvocati: un ultra-sessantenne del Foro di Rimini il quale, secondo il sito dell’Ordine, risulta "attualmente sospeso dall’esercizio della professione". E una ultra-cinquantenne del Foro di Ravenna (sono difesi dai colleghi Valentina La Cara e Filippo Plazzi).

La Tipografia Moderna per tanti anni aveva rappresentato un punto di riferimento dell’editoria ravennate e non solo. Nel 2013 era arrivata la svolta negativa con la liquidazione coatta amministrativa promossa dal ministero delle Imprese. Poi altri, sotto il nome di Edizioni Moderna, avevano preso in affitto la struttura pagando il canone al ministero.

Secondo le indagini della polizia (Volanti e squadra Mobile) coordinate dal pm Angela Scorza e completate dalla consulenza tecnica, tre erano stati i punti in cui l’edifico era stato cosparso con liquido infiammabile: due in prossimità del portone tagliafuoco che separava la “Edizioni Moderna“, che aveva in uso la struttura, da un’altra azienda. E uno sulla copertura dei servizi igienici. Sono due le persone accusate di avere materialmente appiccato il fuoco: una ultra-quarantenne ravennate che figura tra le responsabili della società cooperativa (è difesa dall’avvocato Massimo Martini). E un ultra-cinquantenne di Castel Guelfo, nell’Imolese, di fatto rappresentante di una srl che aveva partecipato a una delle aste considerate come escamotage per perdere tempo (è difeso dall’avvocato Cecilia Scalambra).

La prima asta risale al 2 marzo 2022: a partecipare, la srl riconducibile all’indagato imolese il quale, coadiuvato dalla ultra-quarantene ravennate, tramite un rilancio fittizio e attraverso il procuratore domiciliatario (l’avvocato riminese), si era aggiudicata la tipografia per 410 mila euro. Per farlo, occorreva un assegno da 26.250 euro come caparra. E si arriva qui all’ultimo indagato: un ultra-cinquantenne bergamasco (è difeso dall’avvocato Celestino Salami). In seguito, l’avvocato riminese aveva chiesto una proroga al 30 settembre per saldare; e alla scadenza, aveva chiesto ulteriore proroga al 30 ottobre: ma visto che nemmeno questa volta la cifra era stata pagata, la gara era stata annullata.

Nell’asta del 27 luglio dello stesso anno, per gli inquirenti era entrata in gioco l’avvocatessa ravennate: era stata lei a chiedere al ministero delle Imprese di sospendere la procedura tra il primo maggio 2023 e il 31 luglio dello stesso anno e di annullare la gara nonostante per il pm la società Edizioni Moderna non avesse alcun titolo per rimanere là dentro. Si arriva così alla notte prima della terza e ultima asta. L’immobile se lo è infine aggiudicato un’azienda ravennate specializzata in isolanti termici per 322.500 euro.

Andrea Colombari