
di Carlo Raggi Era inconfondibile, quando si entrava nei caffè, il suono delle tavolette (in avorio le più pregiate) del mah jong (dialettizzato si pronuncia magiò) quando venivano mescolate, faccia in giù, aiutandosi con la stecca in legno dove quelle ‘tessere’ venivano risistemate per la successiva partita. E poi il grido, inconfondibile ‘me, magiò’, per dire che la tavoletta scartata da altri a lui serviva per vincere! Gioco veloce, sui tavoli ricoperti dal panno verde, quattro giocatori, sigaretta all’angolo della bocca, tanti appassionati intorno a commentare. Un gioco, come molti altri, trasversale, dall’operaio al professionista e una posta non da poco,...