
Per oltre mezzo secolo dal suo angolo di via Corrado Ricci ha osservato Ravenna cambiare. Tra personaggi celebri, turisti e residenti, il suo chiosco era il cuore pulsante del centro.
Per più di quarant’anni ha guardato la città, il suo cuore pulsante, il centro gravitante attorno all’area dantesca, da un osservatorio privilegiato, l’edicola di piazza Caduti che i suoi avevano rilevato nel 1955 e in cui lui ha mosso i primi passi appena rientrato dal servizio militare in Marina. Di quei decenni di continua trasformazione della città Augusto Casadio è un testimone ormai unico, ne è memoria storica in cui si muovono non pochi protagonisti della vita pubblica cittadina, da Gardini all’arcivescovo Tonini, a noti avvocati come Stanghellini, a protagonisti della cultura come Lapucci e Longo, ma anche attori, artisti di passaggio in città, turisti che nell’edicola vedevano un punto di riferimento, di informazione. Presidente provinciale per anni dello Snag-Confcommercio (sindacato degli edicolanti), Cavaliere della Repubblica e medaglia d’oro del Commercio, Casadio ha vissuto gli anni clou dell’editoria e da vent’anni, dall’esterno, ne osserva, con grande rammarico, il continuo declino.
Casadio, anche quella che fu la sua edicola è stata portata via. In via Corrado Ricci ce n’erano ben due... "Il babbo aveva cominciato a vendere giornali nel 1955. Le edicole chiuse sono il segno del tempo. Un brutto segno...La vendita dei quotidiani è scesa drasticamente, la gente trova le notizie, o presunte tali, in Rete...già il sistema cominciò a scricchiolare durante la crisi del 2008...".
Non è più un lavoro remunerativo? "In edicola si vendono tante cose oltre ai quotidiani; certo le entrate realizzate fino agli anni 90 erano ben consistenti e il valore delle edicole era altissimo. Oggi comunque la chiusura è soprattutto dovuta al fatto che chi gestisce l’attività va in pensione e non si trovano acquirenti, i giovani, e lo dicono chiaramente, non ne vogliono sapere di lavorare al sabato, alla domenica, all’alba..."
Un’edicola che chiude è un presidio di democrazia che viene meno... "Un cittadino per essere tale deve informarsi e solo i giornali informano, voi giornalisti siete dei professionisti qualificati...ricorda cosa si diceva? L’ho letto sul giornale! A testimonianza dell’assoluta veridicità. E poi la lettura di un giornale stimola altre letture, riviste, libri, discussioni. Io mi sono appassionato, ho studiato, ho imparato anche tedesco e francese per parlare con i turisti...e grazie all’edicola ho conosciuto migliaia di persone..".
Parliamo prima di lei, di quando era bambino. Lei è ravennate doc, vero? "Certo, sono nato in ospedale, quando era ancora in viale Farini, era il 1937. Il babbo, Domenico, era motoaratore per conto terzi. Pensi che quando io avevo quattro anni, fu richiamato e spedito in Russia nello Csir, il corpo di spedizione italiano; lui e altri suoi compagni fra cui quattro ravennati, riuscirono a mettersi al sicuro grazie all’impiego di un trattore per aprire la strada dalla neve che lui stesso guidava! La mamma, Ermelinda Rubboli, detta Malvina, era casalinga. Abitavamo nella carraia Boezio, all’epoca aperta campagna...Sa che anni dopo venne ad abitare da noi, in affitto, lo scrittore Paolo Casadio...era un bambino!".
Poi arrivarono i bombardamenti... "Il primo, il 30 dicembre 1943 colpì tutta l’area della Darsena e noi sfollammo alla casa dei nonni ai Tre Ponti, poi ci rifugiammo ancora più a nord, vicino al ponte sul Lamone".
Pur fra mille difficoltà visto il periodo bellico, lei andava a scuola... "Le elementari, ogni anno si cambiava, in via Chiavica Romea, via Gulli, via Alberoni, poi l’Avviamento industriale, in piazza dei Caduti. Sa che c’era un distributore di benzina proprio lì nella piazza! Fra i professori ho avuto Augusto Bartolotti, lo scultore del ferro! Ricordo anche il vice preside Zaccaroni e il professor Gori, profugo istriano. Una volta diplomato sono andato a lavorare in officina, prima in vicolo Violino, poi da Corbari in via Ravegnana. E nel 1957 partii per il militare".
Immagino in Marina... "Già, 28 mesi, La Spezia poi Ancona al Comando in capo. Era il tempo delle fughe in barca dalla Jugoslavia ed era anche tempo di tenere gli occhi aperti...insomma entrai nei Servizi speciali della Marina. Volevano che mi raffermassi, ma declinai l’invito! Era il 1960".
Suo padre già vendeva giornali... "Stanco di spendere vari milioni ogni 3-4 anni per nuovi macchinari, vendette un trattore e la Topolino e il primo aprile del 1955 acquistò per 4 milioni e mezzo quel mezzo capannotto, due assi laterali e un panchetto per i giornali, attaccato all’ultima colonna del porticato dell’Ina in via Corrado Ricci. Dopo un anno ebbe il permesso di costruire un’edicola in ferro e alluminio, per ripararsi dal freddo. Il riscaldamento era una specie di stufetta elettrica in terracotta".
Lei quando ha cominciato? "Nel 1961, così eravamo in tre, io, babbo e mamma. Nel 1962 poi mi sono sposato con Graziella, abbiamo avuto due figli, Andrea e Paola... Si iniziava alle 5.30, andavo a prendere i giornali dai due distributori, Cassoli in piazzetta Carceri e Melandri in via Luca Longhi. Orario continuato fino alle 8 di sera. Quando il babbo iniziò, il ‘giro’ era sulle 110mila lire al mese. Negli anni d’oro dell’editoria vendevo 600 quotidiani al giorno, all’arrivo del Messaggero, nell’1989, arrivai a mille. Pensi anche solo alle mazzette dei giornali per la Provincia e la Cna che era al 29 di via Ricci".
Dagli anni 60 in poi fu un crescendo per l’editoria... "Io cominciai presto ad occuparmi anche dei problemi della categoria, fino a diventare presidente provinciale dello Snag-Confcommercio: all’epoca si ragionava su come organizzare le edicole per una previsione di vendita nazionale di sei milioni di quotidiani al giorno!! Pensi anche al fiorire dei giornali della sera, La Notte, il Corriere d’Informazione...Nel corso degli anni in edicola arrivò di tutto, biglietti dei bus, cartoline, quante ne ho vendute ai turisti, le riviste specializzate, le enciclopedie a fascicoli con tanto lavori per i rilegatori, i libri".
La sua edicola di piazza Caduti era anche un punto di osservatorio importante... "Ho visto la città cambiare anno dopo anno, ho vissuto i tempi difficili della grande diffusione della droga in piazza San Francesco, ho conosciuto diversi di quei ragazzi, ma anche i negozi che cambiavano, i turisti che aumentavano, i sensi unici, l’isola pedonale, la chiusura di via Guaccimanni".
Per anni le edicole più importanti erano anche luogo di ritrovo delle persone... "Anche per questo mi sono presto appassionato al lavoro. Anche grazie alla collocazione dell’edicola qui si fermavano personaggi come il professor Gamberini, il conte Pasolini, l’avvocato Stanghellini, Gardini, gli editori Mario Lapucci e Alfio Longo, e tanti altri, parlavamo di tante cose...poi gli artisti impegnati a Ravenna, chiedevano informazioni come Gianni Morandi, le gemelle Kessler, Ugo Tognazzi. E poi il cardinale...".
Monsignor Tonini? "Quando usciva dalla messa in San Francesco veniva dentro all’edicola e si fermava a parlare con la gente. Mi aveva solo chiesto di mettere un po’ da una parte le videocassette porno!"
Carlo Raggi