La Zabariona, un pezzo di storia e di folklore

La Zabariona, ebbene sì, è realmente esistita, e non è un’invenzione di Stecchetti per i suoi ’Sonetti romagnoli’. E insieme a lei è esistita la celebre osteria del sobborgo Adriano, poi Saffi e oggi san Biagio: la celebre osteria dove si ascoltavano "Totti al ciacar, al fotti, al nuvitèal coran novj e i intaress d’la zent" (tutte le chiacchiere, i fatti le novitàle corna nuove e gli interessi della gente). Rosa Betti, ecco il suo nome. Classe 1794, vedova in giovane età di un pescatore da cui aveva preso il soprannome di famiglia - ed era tutta l’eredità - aprì quell’osteria destinata a divenire, come scriveva Tino Dalla Valle, "punto di riferimento nel sobborgo che s’andava sviluppando". Posso immaginare i clienti dell’esercizio: bottegai, artigiani, contadini che venivano a vendere polli al mercato, birocciai e fors’anche braccianti e scariolanti che avevano lunga confidenza con la fame. Intendiamoci, le specialità dell’osteria erano piatti semplici come il pancotto, i fagioli, gli strichetti, ma sul vino non si transigeva e, in boccali o fogliette, era buono. Passarono dalla Zabariona Stuvané, il Passatore, probabilmente per studiare un buon colpo ravignano; passò in un pomeriggio di novembre del 1848 Giuseppe Garibaldi e qui conobbe Nino Bixio e il giovane Mameli. Con l’età la Zabariona divenne donna dai fianchi larghi e dal palugo facile, sicché mentre gli avventori raccontavano i fatti di cui prima lei, a cavalcioni d’una scarana, russava a tutta canna con controcanto di sonorità sfuggite agli intestini.

La povera Rosa morì a sessantacinque anni per sbaglio: era al banco quando dalla finestra entrò una pallottola di fucile non destinata a lei. Ferita gravemente spirò il giorno dopo, ed era il 6 aprile 1859. Un personaggio di quelli che lasciano il segno. Con Luca Ciarabelli la riprendemmo nella stesura del nostro ’Alan Sagrot’, nel lontano 2012. Del resto, come non restare colpiti dalle peculiarità fisiche di Rosa, dalla singolarità dell’osteria da caffellatte e anguille sulla brace? Ed è con gran piacere che ho scoperto l’esistenza di una ’Osteria dalla Zabariona’, e trovo encomiabile il recupero dell’impegnativo e storico nome. Spero poi che qualcuno, in luogo di fantasiose e spesso deprimenti denominazioni straniere, rispolveri l’impareggiabile, meravigliosa ’Osteria del gatto parlante’ di serantiniana memoria. Locande e buoi dei paesi tuoi, certo.

Paolo Casadio