
I dati della Cgil sull’economia della provincia destano preoccupazione. Perfino gli effetti delle alluvioni sfumano nel cupo trend generale.
E’ un sos tutti gli effetti quello contenuto nel rapporto sull’economia provinciale, elaborato a partire da dati Ires relativi al 2023, che la Cgil ha diramato martedì dalla sua riunione all’hotel Cube. O meglio, sono numerosi i campanelli d’allarme accesi da quello che è il sindacato con più iscritti.
Fra i numeri che colpiscono maggiormente compare sicuramente quello relativo al numero di imprese in provincia: appena 32.865, il numero più basso dal 2002. "Questa tendenza negativa è destinata a proseguire – mette le mani avanti la Cgil – poiché i primi nove mesi del 2024 mostrano un’ulteriore significativa contrazione. Dal 2019 al 2023, le imprese attive nella provincia si riducono del 4,5%, mentre se si procede al confronto rispetto al 2008, la contrazione è superiore alle 5.500 imprese, pari al –14,4%".
E’ cambiato forse il peso specifico delle aziende ravennati, diminuite di numero perché più grandi? I numeri sull’occupazione sempreberebbero smentire quella che è una pia illusione. "Nel 2023 nella provincia di Ravenna si registra un decremento di circa 2.300 occupati rispetto al 2022, corrispondente al -1,3%. Rispetto al 2019, si arriva a conteggiare una perdita di oltre 4.700 occupati, pari a una flessione del 2,7%, assai più marcata del -0,1% registrato in Emilia Romagna".
I dati sul numero di imprese, sugli occupati e sulle retribuzioni medie ottengono l’effetto paradossale di far finire in secondo piano perfino l’alluvione 2023, i cui effetti – il più grave è il -13% registrato sul fronte della produzione agricola – sembrano come sfumare nel cupio dissolvi in cui sono avvolti i più importanti fra i parametri economici.
Davanti a numeri così magri in fatto di imprese e lavoratori, anche le esportazioni fatalmente registrano una flessione, e non di poco conto: il crollo è dell’8,9%, con segni meno a strascico nei settori dei prodotti chimici, della metallurgia, dei prodotti alimentari e delle apparecchiature elettriche.
Vero è che la provincia di Ravenna continua ad avere una percentuale di occupati che non più solo al sud, ma anche nelle regioni del centro Italia apparirebbe utopistica: il 69,4% dei ravennati ha una qualche occupazione, numero sostanzialmente in linea con la media regionale del 70%.
Ma è subito sera: "Se si considerano i redditi medi delle dichiarazioni fiscali del 2023, emerge come la provincia di Ravenna, con una media di 22.118 euro, si posizioni in regione al quart’ultimo posto. Seguita in classifica da Ferrara, Forlì-Cesena e Rimini. Si consideri che le province ai vertici della graduatoria, Bologna e Parma, superano i 25mila euro".
Numeri che peraltro non tengono conto della crisi inflattiva dell’ultimo biennio, legata a doppio fila all’emergenza abitativa: "E’ fondamentale monitorare le nuove forme di fragilità – tuona la Cgil –. La presenza ormai strutturale di lavoratori poveri è senza dubbio preoccupante, a causa non solo dell’alto numero e incidenza di famiglie monoreddito, ma anche di un mercato del lavoro sempre più caratterizzato da occupazioni a bassa retribuzione, precarie e non continuative, per cui il fatto di avere un lavoro non garantisce più contro la povertà individuale e tantomeno quella famigliare".