FILIPPO DONATI
Cronaca

Mic, viaggio nelle sculture di Giacinto Cerone

Da oggi al 27 aprile al museo di Faenza una mostra omaggio ad uno dei più originali e liberi artisti italiani. Esposti anche disegni

Da oggi al 27 aprile al museo di Faenza una mostra omaggio ad uno dei più originali e liberi artisti italiani. Esposti anche disegni

Da oggi al 27 aprile al museo di Faenza una mostra omaggio ad uno dei più originali e liberi artisti italiani. Esposti anche disegni

Sculture e disegni sono protagoniste della mostra ‘Giacinto Cerone: l’angelo necessario’, visitabile da oggi al 27 aprile al Museo internazionale delle Ceramiche di Faenza. Una rassegna di settanta opere – varie delle quali appartenenti alle collezioni del Mic – attraverso cui riscoprire lo scultore lucano a due decenni dalla sua scomparsa, in particolare attraverso il prisma del suo legame con Faenza, città dove videro la luce moltissime sue opere, nei laboratori della Bottega Gatti.

La mostra, realizzata in collaborazione con l’Archivio Cerone, indaga il dna scultoreo dell’artista, morto ad appena 47 anni – mai davvero identificabile come appartenente a scuole o movimento – a partire dalla materia prima del suo fare artistico, e cioè la poesia, quella di Dino Campana ma anche di Friedrich Hölderlin. Stelle polari che il visitatore potrà intravedere nelle opere in mostra, raggruppate secondo il modo di operare di Cerone, attraverso serie tematiche – le Malerbe, i Fiumi vietnamiti, i Gessi – o singole opere "dal carattere emblematico e per certi versi iconico e funerario, come nel Cenacolo e nell’Ofelide", scrivono il curatore Marco Tonelli e la direttrice del Mic Claudia Casali. Formatosi all’Accademia di Belle arti di Roma, la sua mostra d’esordio vide la luce nel 1983 nella natìa Basilicata: ben presto allargò però il suo raggio d’azione verso le due capitali della ceramica, prima Albissola, nel savonese, e poi Faenza.

"La città – scrive il Mic – è stata per Cerone una meta preferenziale fin dal 1993, quando cioè presso la bottega Gatti ha realizzato una serie di ceramiche smaltate, utilizzando tecniche di lavoro forse poco ortodosse ma di forte espressività, e sperimentando un grande varietà di colori e forme. La mostra, realizzata col coordinamento scientifico dell’Archivio Cerone e il sostegno di collezionisti privati, vuole delineare la figura di uno scultore a tutto tondo e di una scultura totale, capace di distendersi orizzontalmente o addossarsi alle pareti, di un artista attento anche al modo di installare le proprie esposizioni come fossero esse stesse opere in sé". Devoto in toto alla materia (realizzò opere su metallo, ceramica, marmo, gesso, pietra, legno, plastica) "Giacinto Cerone – commenta Marco Tonelli – ha affrontato nella sua opera temi contrastanti e profondi della nostra cultura: la vita e la morte, la ferita e la bellezza, l’abbandono e la reazione, simboleggiati da figure rotte, ricomposte, totemiche e funerarie, elegiache e impulsive, rigide e vitali. Potremmo leggere la sua produzione come un sismografo di inquietudini private e ansie collettive, spesso rimosse per quieto vivere o soffocate da apparati normativi. Le gigantografie dell’artista al lavoro con legno, ceramica, gesso, oltre a numerose opere mai esposte, completano un ambiente di richiami, contrasti, interruzioni e saldature che rendono l’idea del suo procedere anarchico e istintivo, arcaico e sperimentale".

Filippo Donati