REDAZIONE RAVENNA

Morto nel crollo alla diga. Risarciti i familiari

A 6 anni dalla tragedia, ritirate le costituzioni di parte civile per i principali imputati, tra cui dirigenti della Regione e costruttore della centrale .

Le operazioni di recupero della vittima dopo il crollo di 6 anni fa (Foto Zani)

Le operazioni di recupero della vittima dopo il crollo di 6 anni fa (Foto Zani)

Nel processo in corso per omicidio e disastro colposi legato alla morte di Danilo Zavatta, tecnico della Protezione Civile deceduto il 25 ottobre 2018 nel crollo della passerella pedonale sulla diga di San Bartolo, l’udienza di ieri ha fatto registrare una svolta significativa. La maggior parte degli imputati ha risarcito i familiari della vittima, i quali, tutelati dagli avvocati Carlo Benini e Carlotta Benini, hanno ritirato le costituzioni di parte civile nei confronti di tecnici e dirigenti della Regione e dell’impresa titolare della centrale idroelettrica, la cui costruzione secondo il Pm Lucrezia Ciriello è all’origine della tragedia. La richiesta danni resta invece in piedi contro il tecnico progettista Angelo Sampieri, l’imprenditore capocantiere Massimo Casanova e la società omonima. Il risarcimento, "una cifra importante", precisa l’avvocato Benini, è frutto di un accordo raggiunto con le assicurazioni durante il corso del processo. E sono in corso trattative anche con Inail, tutelata dall’avvocato Gianluca Mancini.

L’udienza di ieri ha visto anche la testimonianza di un ingegnere che fu incaricato della progettazione dei lavori di ripristino dell’area dopo il crollo, per consentire il ripristino della briglia ma anche la riapertura della strada statale Ravegnana, rimasta chiusa a lungo. Il tecnico ha evidenziato carenze significative nei lavori della centrale, in particolare riguardo alla mancanza di barriere e presidi idraulici anti-sifonamento, ritenuti essenziali per evitare fenomeni di erosione. Secondo l’ingegnere, il crollo della passerella fu causato da un fenomeno di filtraggio dell’acqua che ha provocato la formazione di una voragine sotto la struttura (platea) che incanalava l’acqua del Ronco verso le turbine, il cosiddetto scatolare. Questa voragine, paragonata a una "groviera", si sarebbe formata a causa di un foro (il ’pozzettone’) lasciato aperto per oltre un anno, compromettendo la stabilità degli argini del fiume e provocando la frana che ha infine fatto crollare la pila di sostegno della passerella. Il progettista ha sottolineato che da propri calcoli, anche considerando le carenze considerate, il sifonamento non si sarebbe dovuto verificare, riconducendo la responsabilità del crollo principalmente alla fase esecutiva dei lavori. Le difese hanno cercato di mettere in dubbio le conclusioni dell’ingegnere, in quanto assieme a una squadra di colleghi avrebbe operato sulla sulla base di carte e di progetti non meglio indicati.

Lorenzo Priviato