REDAZIONE RAVENNA

Ottant’anni fa la fine della guerra: il territorio faentino liberato

Il 24 novembre 1944, i primi reparti alleati, inglesi e polacchi, dopo giorni di scontri con i tedeschi, occuparono la borgata di San Biagio

Il 24 novembre 1944, i primi reparti alleati, inglesi e polacchi, dopo giorni di scontri con i tedeschi, occuparono la borgata di San Biagio

Il 24 novembre 1944, i primi reparti alleati, inglesi e polacchi, dopo giorni di scontri con i tedeschi, occuparono la borgata di San Biagio

Ventiquattro novembre 1944, i primi reparti alleati, inglesi e polacchi, dopo giorni di scontri a fuoco con i tedeschi, occuparono la borgata di San Biagio, allora notevolmente consistente, a metà strada fra Forlì e Faenza. Una comunità, quella di San Biagio, il cui tributo di sangue alla guerra di liberazione era stato altissimo, ben 54 persone, di cui 45 parrocchiani e nove sfollati, in proporzione fra i più alti del Faentino: donne, uomini, bambini rimasti uccisi nei bombardamenti aerei o dalle granate. A buon diritto quindi San Biagio, dove dal 1974 al cimitero attiguo alla chiesa è apposta una targa con i nomi dei caduti, ben può essere assunta a paradigma per l’avvio delle celebrazioni per gli 80 anni dal passaggio del fronte e la liberazione di parte del territorio faentino. Così come il 12 aprile del prossimo anno sarà la data conclusiva delle celebrazioni nel Faentino: giorno in cui lo sfondamento del fronte sul Senio portò alla liberazione di Castel Bolognese (ad opera delle truppe polacche), mentre il giorno prima erano state liberate Riolo Terme (dalla brigata Friuli) e Solarolo (truppe polacche). D’altronde proprio da metà novembre a metà dicembre si concentrarono le tappe fondamentali per l’avanzata del fronte da sud a nord: se i bombardamenti alleati su Faenza erano iniziati a maggio (il 2, il 13 e il 19) con un numero elevato di vittime e proseguiti nell’estate, fu a novembre (fra il 16 e il 24) e a dicembre, il 4 e il 10, che venne messo a segno il più alto numero di missioni aeree con lo sganciamento su ponti, obiettivi strategici e comandi tedeschi di ben oltre diecimila bombe da 20 libbre.

Fu proprio il bombardamento del 16 novembre abbinato alla ineluttabilità dell’avanzata degli Alleati, che indusse il Comando tedesco, a partire dall’indomani, a mettere in atto il piano che portò alla distruzione, con esplosivo, di gioielli urbanistici: quella mattina, alle 11,40, fu fatto saltare il campanile più alto della città, 61 metri, quello della chiesa dei Servi. La carica fece crollare parte della chiesa che peraltro era diventata un rifugio per la popolazione, rifugio gestito, fra gli altri, da don Gino Montanari, un religioso che per decenni nel dopoguerra fu protagonista di un impegno sociale e culturale senza uguali a favore degli anziani. In quello stesso 17 novembre furono minate e distrutte dai tedeschi tre porte cittadine, Porta Pia, Porta Imolese e Porta Montanara e la Torre di piazza del Popolo; il giorno 27 fu fatto saltare il campanile di Sant’Agostino. Negli stessi giorni di 80 anni fa, come si è visto, si andavano intensificando i bombardamenti degli aerei alleati, americani, sudafricani e australiani, a supporto dell’avanzata dei militari dell’Ottava Armata. Quando la notte fra il 15 e il 16 dicembre la prima pattuglia alleata che riuscì ad attraversare il Lamone dal Borgo (militari del secondo reggimento di cavalleria neozelandese) ed entrò in città, la trovò praticamente deserta, gran parte della popolazione era da tempo sfollata nelle campagne; contemporaneamente compagnie del decimo reggimento Gurkha entravano in Faenza scavalcando le rovine di porta Montanara e di Porta Imolese: provenivano dalla zona di Celle dove c’erano stati feroci combattimenti a monte (Brisighella era stata liberata il 5 dicembre dai partigiani della Brigata Maiella).

Il 17 dicembre di 80 anni fa Faenza veniva dichiarata città liberata dall’oppressore nazifascista mentre località del circondario a valle di Faenza, ovvero San Silvestro, San Pier Laguna e Cassanigo furono liberate il 21 dicembre. Mentre Natale si stava avvicinando, il Comando militare alleato andava velocemente organizzando da una parte la ripresa della macchina amministrativa comunale e dall’altra cercava di apprestare iniziative a sostegno del morale dei soldati. E il 25 dicembre del 1944 è il giorno in cui i due fronti presero vita. Partiamo da quello relativo al divertimento dei militari britannici per il quale era predisposto un apposito reparto, la Naafi, ovvero Navy, Army, Air Force Institutes, che aveva sede al primo piano di palazzo Laderchi-Zacchia. Cosa di meglio della musica? Il comandante ne parlò con l’interprete, Amedeo Maccolini, proprietario dell’albergo Corona e questi pensò al maestro Ino Savini (che poi sarebbe diventato prestigioso direttore d’orchestra).

E la sera di Natale ecco Savini (come lui stesso racconta in un capitolo del libro ‘Faenza nella guerra’) e Maria Bentini impegnati per ore in un duetto di fisarmoniche per rallegrare le truppe alleate. Un ‘concerto di Natale’ che salutò anche la prima giunta faentina del dopoguerra i cui componenti furono nominati la mattina del 25 dicembre di 80 anni fa dall’ufficiale degli Affari Civili del Governo militare alleato, il capitano Francis Pallotti. Sindaco venne nominato Alfredo Morini (suo fratello, Tomaso, sarà designato dal Governo Alleato sindaco di Castel Bolognese 4 mesi dopo). Questi gli assessori della prima giunta faentina: monsignor Salvatore Baldassarri, futuro arcivescovo di Ravenna, già diffidato dalla Questura per i suoi contatti con gli antifascisti (da ricordare il precipuo ruolo che a Faenza durante la guerra ebbe un altro religioso, il vescovo monsignor Giuseppe Battaglia, poi decorato con medaglia d’oro al valor militare), Pietro Ferrucci, vice sindaco, Carlo Bernabè, Domenico Bendandi, Romeo Bernabè, Giuseppe Billi, Alberto Buda, Aldo Caroli, Armando Dejana, Vincenzo Maltoni, Bruno Nediani, Costante Pirazzini, Vincenzo Sangiorgi, Giuseppe Tacci, Cesare Vespignani.

Carlo Raggi