Gli autocarri rovesciano tonnellate di sabbia per completare l’ultimo lembo di argine, a ridosso del cantiere Rosetti, l’acqua marina entra precipitosa nella pialassa Piomboni per via dell’alta marea e dei canali approfonditi e spezza le chiazze di mucillagine, mentre a frotte, decine, centinaia di anatidi fra gabbianelle, beccapesci, garzette, avocette, beccacce di mare, cavalieri d’Italia e fenicotteri pasturano, si alzano in volo, planano su questo lembo della ‘valle’ che i lunghi lavori di ri-naturalizzazione ormai al termine stanno trasformando in una molteplicità di habitat naturali per le più svariate specie di uccelli, anche mai visti come le rondini topino. Il cantiere, voluto dall’Autorità Portuale, era stato avviato nel lontano 2011 e molteplici sono stati gli ostacoli e i problemi sorti nel tempo (dal fallimento di una delle imprese al blocco nell’utilizzo del materiale stoccato nell’adiacente cassa di colmata, alle numerose prescrizioni imposte in itinere dal Parco del Delta e da Arpae) e che il geologo Claudio Miccoli, direttore dei lavori e ideatore delle necessarie varianti in corso d’opera, è riuscito a superare. L’ultimo giorno di lavoro (le imprese all’opera sono la Nautilus e la CGXodo) è fissato al 31 dicembre. Quattro sono i fronti su cui si è operato: la costruzione dell’argine per dividere il bacino industriale dei Trattaroli da quello naturalistico, nell’ottica di una consolidata coesistenza a parità di ‘diritti’, l’approntamento di un sistema di fitodepurazione delle acque affluenti dal canale del Consorzio di Bonifica, la cui chiusa è davanti all’ex (ora un rudere) trattoria Ca’ de Mor, la realizzazione all’interno della pialassa di aree barenicole e infine l’escavazione del canale perimetrale e di ben sei chilometri di canali interni.
Cominciamo dal canale di bonifica le cui acque da sempre ogni anno portavano nella pialassa tonnellate di sostanze fertilizzanti che in estate trasformavano la valle in un bacino maleodorante e mortifero. Per ovviare sono state realizzate vasche di decantazione e trattamento naturale così che l’acqua dolce che si immette in pialassa è ora priva di qualsiasi elemento nutriente. Poi l’approfondimento dei canali: quello perimetrale, che è stato portato a due metri e mezzo di profondità, e quelli interni barenali, così da creare un reticolo polmonare per la valle come mai c’era stato e questo comporterà una più facile circolazione dell’acqua mossa dalle maree.
Altro fronte, la realizzazione delle barene, ovvero tante piccole isole delimitate da centinaia di pali di legno secondo sagome varie e l’interno dei perimetri riempiti di materiale idoneo. Qui sta un po’ il cuore di tutto il progetto di ri-naturalizzazione della pialassa, nel senso della realizzazione di più modelli di habitat e per una moltitudine di specie di volatili a seconda delle loro esigenze: già oggi, grazie anche alla compresenza di acqua dolce, acqua salmastra e acqua salata, i Piomboni si presentano come il regno della biodiversità. Infine i tre chilometri di argine, realizzato con il materiale di escavo dei canali della pialassa e del bacino che lambisce la penisola Trattaroli. Un’opera mastodontica, la più impegnativa. Lungo l’argine sono installate due porte veneziane, ovvero in verticale, mentre nella parte finale, a ridosso di ‘Rosetti’ saranno installate due porte vinciane, azionate dal moto delle maree. Ma non è solo la valle a cambiare aspetto; accade anche allo stradello perimetrale, tre chilometri suddivisi fra via dell’Idrovora e via Piomboni, che pullulano di cantieri per il recupero o la ristrutturazione dei capanni che da tempo immemorabile si affacciano sulla valle. Sono più di un centinaio, i capanni, una decina o più sono anche in mezzo alla pialassa, su antiche barene, e fanno parte di un ultimo lembo di storia ravennate che fino ai primi anni Sessanta era molto più vasto, occupava tutta la pialassa fino a via D’Alaggio.
Molti dei capanni sono abusivi e prima o poi dovranno essere abbattuti. Dieci anni fa il Comune ha predisposto un regolamento per far sopravvivere quelli (in legno o muratura) per i quali poteva essere documentata l’esistenza al 1967, anno in cui fu imposta la licenza edilizia per i capanni.
Ed è proprio in base a quel regolamento del 2014 che è stato possibile per molti concessionari avviare lavori di ristrutturazione. Molti dei quali sono stati portati a termine e molti altri sono ancora in corso. Purtroppo del paesaggio fanno parte anche i mucchi di macerie dovuti ai crolli delle vecchie costruzioni, l’eternit abbandonato in via dell’Idrovora, le cataste di rifiuti, anche vecchi elettrodomestici, nelle ‘isole’ ecologiche lungo via Piomboni dove la raccolta non pare proprio a regola d’arte.
Carlo Raggi