Sgominare la mafia del Ponente. Anche un pm ravennate

Il sostituto procuratore Buganè Pedretti si è occupata delle indagini come applicata alla Dda genovese

Sgominare la mafia del Ponente. Anche un pm ravennate

Sgominare la mafia del Ponente. Anche un pm ravennate

C’è anche un ’pezzetto’ di Ravenna nell’operazione che nei giorni scorsi ha consentito di smantellare un sodalizio criminale attivo nelle riviera ligure di Ponente. Il sostituto procuratore Francesca Buganè Pedretti, oggi in forza alla procura ravennate, all’epoca, in forza alla procura di Imperia, si è occupata dell’inchiesta in quanto applicata alla Dda di Genova. Le verifiche della guardia di Finanza hanno in particolare portato alla notifica di un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 26 persone per traffico di sostanze stupefacenti e associazione per delinquere di stampo mafioso: per 23 si sono aperte le porte del carcere mentre 3 sono finite ai domiciliari.

In particolare 17 degli arrestati, sono accusati di fare parte di un’associazione collegata ad articolazioni di ‘ndrangheta residenti in Calabria, da anni radicati nella zona di Diano Marina in provincia di Imperia. Il sospetto è che gli accusati si occupassero di acquisto, coltivazione, trasporto e rivendita di cocaina, hashish e marijuana. Avevano a disposizione diverse abitazioni per le riunioni operative durante le quali si decidevano approvvigionamenti di droga, trattative con i fornitori e acquirenti ma anche per custodire, confezionare e cedere lo stupefacente.

Per sviare le indagini, l’organizzazione usava criptofonini - cioè apparecchi non intercettabili - e auto in affitto. A volte la droga veniva trasportata su pullman che viaggiano sulla tratta Reggio Calabria-Ventimiglia. Durante le perquisizioni, i finanzieri hanno trovato anche una pistola. Il successo dell’inchiesta, sta nell’avere documentato che gli indagati agivano con modalità di tipo mafioso: imponevano il proprio controllo sui traffici di droga nell’area di Diano Marina e dei comuni vicini attraverso violenze e minacce - talvolta anche con le armi - e mediante l’evocazione del nome della famiglia De Marte-Gioffrè per costringere gli acquirenti a pagare gli acquisiti di stupefacente. Tra le persone coinvolte, figurano anche due minorenni.