
L’uomo, secondo l’accusa, aveva importunato e tallonato la donna per mesi
Lui è incapace di intendere e volere ma non è socialmente pericoloso. La conclusione dello psichiatra Roberto Zanfini esposta ieri mattina davanti al gip Andrea Galanti e al pm Stefano Stargiotti, sembra gettare definitiva luce sul caso di stalking che a inizio agosto scorso a Solarolo era costato l’arresto a un 37enne di origine albanese tutt’ora ai domiciliari. La vicenda era apparsa da subito alquanto singolare perché l’uomo, difeso dall’avvocato Luigi Filippo Gualtieri, quella donna, tutelata dall’avvocato Federica Montanari, nemmeno la conosceva. E allora perché mai tormentarla?
Secondo l’accusa si era messo in testa che era per causa di quella 46enne se a lui non davano il permesso di soggiorno. E così a giugno aveva iniziato a importunare e tallonare la donna: almeno fino alla sera del 9 agosto quando, dopo avere tra le altre cose imbrattato il muro di casa di lei con una mano insanguinata, era stato bloccato per stalking e danneggiamenti. Dopotutto per questo tipo di reato esiste la facoltà di arresto differito se: nel nostro caso grazie all’impianto di videosorveglianza dell’abitazione della 46enne, erano state immortalate immagini inequivocabili sul fatto.
Dopo qualche giorno, nell’udienza di convalida davanti al gip Galanti, il 37enne aveva confermato la ragione del suo livore verso la donna. Per lui era poi scattata la custodia cautelare in carcere in attesa di una disponibilità per collocarlo ai domiciliari, come in effetti accaduto.
Da quando un paio di mesi prima aveva deciso di prendere la 46enne di mira, il 37enne aveva iniziato a seguirla lungo le strade di Solarolo e a lasciarle bigliettini sul parabrezza dell’auto. Capitava pure che si appostasse sotto casa di lei per controllarla e suonarle il campanello con veemenza.
E si era arrivati così al giorno dell’arresto. Lui attorno alle 12.30 l’aveva notata camminare per le vie del paese: e subito aveva iniziato a tallonarla. La donna si era allora rifugiata dentro a un bar. Lui si era seduto a un tavolino in attesa; poi le aveva lanciato contro un bicchiere e una bottiglia per fortuna senza riuscire a colpirla. A un certo punto lei era riuscita a rincasare: tuttavia lui l’aveva raggiunta urlandole frasi di questo tenore: "Tu mi hai rovinato la vita! Hai cambiato strada!". E si era appostato lungo la via; verso le 19.30 lei era uscita e lui le si era avvicinato ringraziandola ironicamente per quella giornata e seguendola fino al negozio dove la 46enne aveva trovato riparo.
Quindi si era fermato sull’uscio in attesa che lei tornasse alla sua abitazione della donna: una volta qui, aveva minacciato i familiari di lei, aveva danneggiato la bici del padre e la cabina della fibra telefonica. E aveva frantumato alcuni vasi di ceramica in cortile scagliandoli a terra. Poi aveva cercato di colpire con alcuni oggetti i genitori della 46enne, per fortuna senza riuscirci. Infine aveva imbrattato i muri della casa con una mano insanguinata. Un presagio, sì: ma solo del suo arresto.
a.col.