ANDREA COLOMBARI
Cronaca

Telefonino trovato in cella. A processo giovane albanese

Il compagno di stanza: "Non glielo ho mai visto usare. Mi disse che ce lo aveva già dall’ingresso". La procura ha chiesto la condanna ma per la difesa non ha violato la specifica norma del codice.

Il compagno di stanza: "Non glielo ho mai visto usare. Mi disse che ce lo aveva già dall’ingresso". La procura ha chiesto la condanna ma per la difesa non ha violato la specifica norma del codice.

Il compagno di stanza: "Non glielo ho mai visto usare. Mi disse che ce lo aveva già dall’ingresso". La procura ha chiesto la condanna ma per la difesa non ha violato la specifica norma del codice.

Tra le tante cose che non si possono avere in cella, figura senza dubbio il telefonino. La ragione è ovvia: eppure il 26 gennaio 2022, durante un controllo, eccolo spuntare nella disponibilità di uno dei detenuti. Si tratta di un giovane di origine albanese che è finito a processo per essersi fatto beccare con l’apparecchio dietro alle sbarre. In particolare gli agenti avevano notato nel cestino della sua cella un pacchetto di spaghetti accartocciato in maniera ritenuta anomala: lo hanno sollevato e dentro hanno trovato il cellulare incriminato. Il reato, descritto dall’articolo 391 ter del codice penale, prevede in caso di condanna la reclusione da uno a quattro anni.

Ieri mattina in aula davanti al giudice Tommaso Paone e al viceprocuratore onorario (vpo) Katia Ravaioli, a ripercorrere quella giornata, ci ha pensato l’allora compagno di cella dell’imputato, un giovane anche lui di origine albanese e tutt’ora detenuto. "Ci fu una perquisizione - ha ricordato il teste - e trovarono in camera quel cellulare: ma io non ero presente dato che tornavo solo di sera": in quel periodo "lavoravo nella cucina del carcere". In quanto al telefonino, "mai visto usarlo: era da una settimana che mi trovavo in cella". Circa le cuffiette trovate sempre durante quella perquisizione, "in carcere le usano tutti - ha assicurato il teste - per il lettore cd". Mentre per il telefonino, il compagno di cella "in seguito mi disse che lo aveva già dall’ingresso".

Il vpo nella sua requisitoria si è riportato "per la ricostruzione dei fatti al verbale ufficiale di polizia giudiziaria relativo alla perquisizione". In particolare al momento del ritrovamento del cellulare: "Nel bidone, l’accartocciamento di una confezione di spaghetti sollevò dei dubbi". E invece non ci furono "dubbi sulla titolarità del telefonino". E poi "il teste ha confermato tutto anche grazie alle confidenze". Uguale a richiesta di condanna un anno e sei mesi di reclusione. Il difensore - l’avvocato Guido Pirazzoli - si è rifatto testualmente al codice penale per chiedere l’assoluzione: "Leggo la norma di legge - ha detto in arringa - che punisce chi porta in carcere per terzi o che riceve e usa indebitamente il cellulare. Ma che lo abbia usato, non lo sappiamo". Mentre il teste "ci ha detto che ce lo aveva già quando è stato incarcerato e nessuno gli ha detto nulla: siamo perciò fuori dalla norma".

a.col.