Barista uccisa a coltellate. La Cassazione conferma:: "Ci fu crudeltà: 20 anni"

La sentenza di secondo grado regge anche davanti all’Alta Corte. Composta reazione dei famigliari, che si dicono soddisfatti dell’esito.

La sua giovane vita, fatta di lavoro nel bar della famiglia e di generosità per i bambini a cui insegnava a cantare e a recitare nella chiesa evangelica, si spense all’improvviso nel sangue, per mano di un uomo che le diede nove coltellate nel locale di via Fratelli Manfredi. La morte violenta di Hui Zhou, ragazza di 25 anni di origine cinese, sconvolse la città. Il responsabile, Hicham Boukssid, 38enne marocchino, dopo l’omicidio commesso l’8 agosto 2019 nel ‘Moulin rouge’, fuggì e rimase nascosto per dieci giorni, per poi consegnarsi ai carabinieri. Gli fu diagnosticata poi una seminfermità mentale: lui era ossessionato dalla vittima - con la quale mai ebbe una relazione - al punto di essersi convinto di doverla sposare, solo in base al significato magico, e del tutto irrazionale, che lui attribuiva a oggetti o comportamenti. Per Zhou, lui era uno sconosciuto, solo uno dei tanti uomini che potevano affacciarsi al bancone del suo bar: per lei è stato impossibile cogliere la spia del disturbo delirante di personalità che affliggeva il 38enne, legato alla sfera affettiva e in particolare diretto proprio alla 25enne. Per il magrebino si è concluso ieri l’iter processuale, con la conferma della sentenza di secondo grado da parte della Cassazione: i 20 anni e 6 mesi di condanna sono diventati definitivi. Non era in discussione la responsabilità dell’omicidio, acclatata da subito, ma l’aggravante della crudeltà, che aveva retto sia in primo grado, sia davanti alla Corte d’Assise d’Appello, legata proprio alle coltellate e al comportamento che l’uomo tenne durante l’omicidio. Davanti ai giudici reggiani (presidente Cristina Beretti, a latere Chiara Alberti e i membri popolari), il pubblico ministero Marco Marano chiese l’ergastolo: lui stesso disse che, all’esito del dibattimento, non sussisteva l’aggravante dei futili motivi (perché "espressione stessa della sua malattia"), ma sostenne che c’erano premeditazione e crudeltà. La difesa, affidata all’avvocato Pina Di Credico, ribattè che non vi erano i presupposti, specie per la crudeltà, richiamando altri omicidi in cui, nonostante il maggior numero di colpi inferti, non fu riconosciuta. Nel maggio 2022 fu condannato a 24 anni e mezzo: i giudici depennarono la premeditazione e i futili motivi, riconoscendo la crudeltà e ponendo in equivalenza il suo vizio mentale. Ieri la Cassazione ha rigettato il ricorso difensivo, confermando la sentenza in Appello. I familiari della vittima hanno vissuto in modo composto il dolore: la mamma Lyun e il fratello Kai, insieme al padre Xuran piansero in tribunale raccontando di aver dovuto svendere il locale e trasferirsi altrove, perché rimanere a Reggio era diventato emotivamente insostenibile.