ALESSANDRA CODELUPPI
Cronaca

Delitto di via Stalingrado "Non ho ucciso Iazzetta E ora voglio sposarmi"

Ieri in aula l’esame dell’imputato Racz: "La fuga a Spezia? Ci andavo spesso. Chiedo di andare al consolato slovacco per avere le carte per le nozze".

Delitto di via Stalingrado  "Non ho ucciso Iazzetta  E ora voglio sposarmi"

Delitto di via Stalingrado "Non ho ucciso Iazzetta E ora voglio sposarmi"

di Alessandra Codeluppi

"Tatiana mi raccontò che Daniele", soprannome di Aniello Iazzetta, "aveva il naso sanguinante. Lei mi chiese di tornare a casa perché aveva paura, poi me lo passò al telefono: lui mi disse di non preoccuparsi. Bussai e Iazzetta mi aprì: aveva sangue al naso, alla barba e qualche macchia sulla camicia. Lo accompagnai in bagno a lavarsi, lui piangeva". Milan Racz, slovacco 35enne, respinge l’accusa di essere l’autore dell’omicidio di Iazzetta, trovato morto il 16 giugno 2021, col cranio fracassato, nella casa di Stalingrado dove entrambi abitavano. E dà la sua versione sulla notte tra il 12 e il 13 giugno, data del decesso, puntando il dito su altro residente di quel condominio, nato nel 1973. "Iazzetta non volle l’ambulanza. Quando gli chiesi spiegazioni, lui mi rispose solo: ‘Quel figlio di p.’. Non disse il nome, ma io pensai fosse quell’uomo che abitava sopra". Secondo l’imputato, "Iazzetta, che aveva già diversi problemi con la giustizia, voleva mandare via quell’inquilino perché sapeva che spacciava e non voleva altri guai. Davanti a me, gli aveva detto che doveva lasciare la casa entro il 30 giugno. Ma lui non voleva andare via perché non aveva un tetto alternativo". E poi rimarca: "Io e Aniello avevamo un buon rapporto e non litigavamo mai". Quella notte "Aniello si è coricò e mi disse di spegnere la luce. Durante la notte io e Tatiana dormimmo in parti diverse della casa. Di notte mi alzai: l’inquilino di sopra era entrato nella nostra casa perché non disponeva del bagno. C’era una maniglia rotta che saltava via: la sentii cadere. Era la prima volta che lo vedevo quella sera. Poi lo sentii mentre stava uscendo di notte".

Il giorno dopo Racz dice di essere andato al parco con Tatiana: "Lei mi riferì di essere incinta, ma io le dissi che volevo rimanere con l’altra donna", un’italiana, "e che volevo comunque sapere di chi fosse il bambino. Non volevo che Tatiana frequentasse quella casa piena di barboni e così lei mi portò a dormire su un’auto incidentata e senza motore. Nei giorni successivi provai a chiamare Iazzetta al cellulare, ma non mi rispose. Rimasi a Reggio, poi partii il 15 o il 16 col treno per La Spezia, portando un cambio di vestiti dentro il mio zaino: lo preparai la domenica mattina (13 giugno, ndr) perché con me porto sempre maglietta e pantaloni. Alla Spezia", città in cui fu sottoposto a fermo e in cui era insieme a Tatiana, "andavo spesso: "lasciai i miei documenti a casa perché volevo tornare".

L’avvocato difensore Ernesto D’Andrea ha citato, tra i testimoni, una psichiatra. Ha riferito un disturbo di personalità e problemi di alcol per Maurizio Carbognani, già noto alle cronache: lui, sentito come teste, aveva riferito che l’imputato nella notte dell’omicidio sfondò la porta e diede una testata contro Iazzetta. La psichiatra ha riferito che anche all’inquilino del piano di sopra era stato diagnosticato un problema di controllo degli impulsi. Per il primo la Corte ha acquisito i documenti, ma non ha accolto la richiesta avanzata dalla difesa per il secondo. Sentiti anche l’ex fidanzato della donna italiana la quale tuttora ha una relazione con Racz e un carabiniere, sul ‘giallo’ del doppio verbale sulla testimonianza che lei rese. Infine l’imputato ha chiesto di andare al Consolato slovacco per recuperare documenti per sposare la donna italiana: la Corte ha dato l’ok, ma vuole sapere la data.